Le virtù sulle quali si fonda il cristianesimo sono un gioco di fede, di speranza e di carità. Dico ‘gioco’ nel senso che ci sono dei nascondimenti da parte della fede, della speranza e della carità. La fede. Due discepoli del Signore dopo la sua morte, si misero in cammino per tornare ad Emmaus. Gesù, fingendo di essere un viandante, si unì loro, e cominciarono a parlare di quello che in quei giorni era successo a Gerusalemme. I due discepoli credevano nel Signore, però non ebbero la continuità della fede, che è la speranza. Ecco il gioco della fede che compromette anche la speranza: “Speravamo che Lui fosse il Messia….” (Lc 24, 21).
Se vogliamo dare una definizione della fede, dobbiamo dire che la fede è la stessa Parola di Dio. Credere in Dio e nella sua Parola è appunto la fede. Gesù Parola di Dio, viene presentato con la Parola di Dio. Gesù, Parola di Dio, presenta ai due discepoli l’evento pasquale mediante la parola di Dio, a cominciare da Mosè sino ai suoi giorni. La parola di Dio viene presentata addirittura dalla Parola di Dio, dal Figlio di Dio fatto uomo, dal Verbo che si è fatto carne. I discepoli invece non riuscirono a capire che in Gesù si erano avverate le profezie.
Nonostante questa esposizione precisa e direi, illuminata, divinamente illuminata della Parola di Dio, non fu efficace, perché purtroppo i loro occhi non erano ancora mondi per vedere Gesù. Credevano in Gesù, ma la continuità della fede mediante la speranza vacillò, sia la fede che la speranza. Ci sono alcuni momenti particolari della carità. Anzitutto accolsero con piacere quel pellegrino che si accompagnò con loro nel cammino. Questa accoglienza della carità piacque a Gesù, che chiese: “Di che cosa parlate?” (Lc 24, 17) e loro dissero di che cosa parlavano; non solo, ma dissero anche le angosce del loro cuore circa quello che avevano creduto e sperato; purtroppo avevano nel cuore questa angoscia che faceva vacillare tutta la struttura della fede e della speranza.
Quindi: il primo momento è l’accoglienza, il secondo momento parlarono insieme, dialogarono, il terzo momento, quando furono arrivati ad Emmaus presso la casa dei due discepoli, Gesù accennò di andare più avanti e i due discepoli pregarono Gesù di fermarsi perché: “Oramai si fa sera” (Lc 24, 29). Le delicatezze della carità! Però il culmine della carità lo ha toccato Gesù. Loro hanno manifestato nel piccolo la carità verso quel pellegrino, Gesù. E Gesù ha risposto all’amore con l’amore. Non hanno capito quello che Gesù aveva esposto dicendo tutto quello che la Scrittura diceva di Lui da Mosè ai suoi giorni. Nella frazione del pane Gesù si fece riconoscere.
Il riconoscimento di Gesù risorto, noi, se siamo vacillanti nella fede e nella speranza, l’abbiamo certamente nella carità verso Gesù e nella carità di Gesù verso di noi. Gli Atti parlano di uno storpio che chiedeva l’elemosina. Pietro lo guardò e gli disse: “Non ho né oro né argento ma ti do quello che ho: – ecco la carità – alzati e cammina” (At 3, 6). Possiamo dire questo con grande certezza: la carità non soltanto è il segno con cui noi possiamo riconoscere Gesù, ma è il segno con cui noi facciamo conoscere la nostra resurrezione ai fratelli. Quando Gesù alzò gli occhi al Cielo, spezzò il pane, lo diede loro, in un certo senso in quei gesti così semplici ma così divinamente espressivi, più ancora della Parola che aveva annunziato lungo il cammino, lo riconobbero.
È la carità che pulisce i nostri occhi per vedere Gesù, è la carità, è l’amore. Ma quando noi amiamo? Quando noi facciamo come ci dice Gesù: “Se tu mi ami osservi la mia Parola” (Gv 14, 23). La fede è credere in Dio e fare quello che Egli dice. Chi fa quello che Egli dice, crede in Dio e chi crede in Dio non può non fare quello che Egli dice. Faccio alcune domande: noi abbiamo la fede? Cioè, facciamo quello che Egli dice? La seconda domanda: se è vero che tu fai quello che dice Dio, credi in Dio? Credere in Dio non vuol dire credere astrattamente, o mentalmente, o in modo speculativo. Credere in Dio vuol dire un’altra cosa. Se io credo che quella è mia mamma, credo che lei mi ha dato la vita, mi ha dato da mangiare, da vestire, mi ha educato…, è tutto un insieme di elementi che vengono di conseguenza nel riconoscere che quella è la mia mamma.
Ora, se tu credi in Dio, credi che Dio è il tuo Creatore, credi che Dio è uno e trino, che il Padre ha mandato il Figlio, il quale ci ha salvato. Credi tu che il Figlio ha fondato la Chiesa di cui sei membro? credi tu che lo Spirito Santo suggerisce non soltanto la Parola ma opera i Sacramenti, che vengono compiuti da Gesù? Tu credi a questo mistero? Credi che Gesù ti vede momento per momento? Che Lui è a fianco a te, che Lui ti aiuta in ogni momento perché tu possa superare le insidie di satana, del mondo, del tuo io? Credere in Dio. Non c’è una cosa più grande se nella struttura umana c’è la fede. Credere in Dio! Ma voi immaginate, credere in Dio Padre, nel Figlio, nello Spirito Santo. Tu, niente di meno, con questa fede entri nel grande mistero augusto della Trinità. Mamma mia!
Credere in Dio. Credi che Gesù ti giudicherà? Credi tu che Gesù ti ha salvato, ti nutre con la Parola, con i Sacramenti? Mamma mia, che cosa grande! Quanto amore Dio. Credi tu che Dio è carità, che è amore, che ti ha partecipato il suo amore? Se tu ami, l’amore che hai dentro di te è suo! Lui te l’ha partecipato. Come stai amando, usando questo dono che Dio ti ha dato dell’amore? Ami Dio, ami secondo Dio le creature così come Dio vuole, come Dio comanda, consiglia, specialmente se siamo sacerdoti, siamo anime consacrate? Com’è bello credere in Dio! Perché la fede non è soltanto uno sguardo ma è un tuffo.
Pensate un po’ che la fede salva, in quanto la fede veramente fa dimorare Cristo in te e tu in Cristo; c’è uno scambio di dimora reciproca, uno nell’altro. La fede. E quando dimora Dio in te, Cristo in te e tu in Lui, che cosa ti manca? Se la fede che avete avuto sin dal principio nel seguire Gesù, è stata annebbiata dalle cose del mondo; se la continuità della fede e della speranza, è stata un po’ offuscata, riprendete con l’amore, con l’ubbidienza alla parola di Dio, specialmente con l’ubbidienza al comando di Gesù della carità, riprendete tutto con l’amore. Dio ha creato l’universo per amore, ci ha redento per amore, e noi con l’amore possiamo di nuovo essere in Dio e Dio in noi e vivere nell’amore di Dio ora felicemente sulla terra e poi gloriosamente in Cielo.
La liturgia pasquale in Cielo. Certamente Gesù è il protagonista di tutto il mistero pasquale, però in Cielo faremo con Gesù, per Gesù e in Gesù corona al Padre Celeste, che ha voluto mandare suo Figlio a salvarci, ha voluto che noi ci salviamo mediante suo Figlio, ha voluto che noi diventiamo suoi figli, eredi dell’eredità del Cielo per essere eternamente con Lui. Col Padre Nostro diciamo al Padre Celeste ‘grazie’. Credere, sperare, amare. Noi tante volte crediamo, però non continuiamo a credere e quindi viene meno la speranza. Ma se noi vogliamo riprendere tutto, dobbiamo amare. Attenzione però: amare vuol dire cominciare da capo, perché amare vuol dire aver fede, cioè credere in Dio e a quello che Lui dice, credere a quello che dice vuol dire ubbidire, mettere in pratica, cioè amare.
Attenzione. Usciamo fuori da questo gioco della fede, della speranza, della carità. Cristo ci ha comunicato l’amore. La fede e la speranza sono itinerario dell’amore; è l’amore che Dio ci ha dato, di amore dobbiamo vivere, e siccome l’amore è di Dio, dobbiamo stare sempre con Dio. E quando la fede e la speranza è debole dobbiamo andare al Signore, pregare, meditare, adorare l’Eucarestia, chiedere aiuto alla Mamma nostra celeste perché aumenti nel nostro cuore la fede, la fede in Dio, la fede nella sua Parola, mediante appunto l’ubbidienza alla fede. L’ubbidienza alla parola è la concretizzazione della fede, della speranza, della carità.
Se non incominciamo a ubbidire, non abbiamo fede, né speranza, né amore, e per noi non c’è salvezza. L’ubbidienza fondamentale del cristiano è quella di volerci bene. Il comando di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato” (Gv 13,34), cioè avendo pazienza delle fragilità, delle debolezze, delle avversità, delle contrarietà dei falsi cristiani. Senza la pazienza non c’è amore. Senza la benignità non c’è amore.
Con la Comunione avete ricevuto Gesù, l’avete nel vostro cuore. Lui è l’amore del Padre, è l’amore tuo. Di’ a Gesù di togliere tutta la nebbia, le nuvole, l’oscurità della fede, e riaccenda in te una fiamma viva di fede per poter camminare sempre nella speranza della realizzazione della nostra vocazione di cristiani che Dio ci ha dato nel partecipare al cuore del mistero della Redenzione, cioè nell’essere a fianco a Gesù Crocifisso e Risorto, presi per mano da Maria e da Padre Pio.