La parola carisma è una parola greca che vuol dire dono.
Il dono viene dallo Spirito perché nel capitolo 12 della lettera ai Corinzi viene detto che «lo Spirito dà i carismi, il Signore dà i ministeri e Iddio le operazioni» (Cor 12, 4 – 6). Quindi i Carismi vengono dallo Spirito, dallo Spirito di Dio. Lo Spirito di Dio dà i carismi che sono doni spirituali per il regno spirituale, per la Chiesa, per la vita spirituale. Il dono dello Spirito Santo è ovviamente un dono spirituale che viene dato a un Regno spirituale, che è appunto la Chiesa, Regno di Dio.
Questo carisma, viene dato a coloro i quali vivono una vita spirituale cioè la vita dello Spirito di Dio. Però bisogna tenere presente che, se lo Spirito di Dio ha dato il dono, dove c’è il dono c’è l’amore. Quindi è un dono di amore, un dono di predilezione da parte del Signore, poiché l’amore, che viene dallo Spirito di Dio, viene dall’intelligenza, e dalla volontà che sono le facoltà dell’amore. Per poter conoscere bene il carisma, per poter apprezzare l’amore di Dio, l’amore dello Spirito di Dio, bisogna che noi con l’intelligenza lo conosciamo: facciamo esaminare il carisma dal Vescovo, successore degli Apostoli.
Una volta conosciuto il dono del carisma, dobbiamo volerlo, e praticarlo. Ma non dimentichiamo che il dono di amore dello Spirito di Dio dobbiamo conoscerlo con la mente alla scuola della Chiesa, e poi dopo metterlo in pratica con la buona volontà. San Paolo dice che i carismi sono dati alla Chiesa e per la Chiesa. Il responsabile del carisma e anche la sua realizzazione nella Chiesa, rimane sempre il Vescovo. Il Vescovo quindi esamina, approva e guida la realizzazione del carisma nella pastorale diocesana. Dice la lettera ai Colossesi che “tutto quello che Gesù ha fatto, tutto quello che Gesù ha comunicato alla Chiesa, a questo suo Regno spirituale, è tutto a favore della Chiesa”.
Quindi il carisma non è a favore di questa o di quella comunità, di questo o di quell’Istituto o Congregazione. Il carisma deve superare questo “hortus conclusus” questo chiuso della comunità, dell’Istituto religioso, del Movimento, delle Congregazioni, degli Ordini religiosi, e aprirsi per un servizio alla pastorale ecclesiale, che avviene nelle singole Diocesi e nelle singole parrocchie. Ma adesso andiamo in profondità: per poter praticare il dono del carisma, è necessario che noi siamo alla scuola di Gesù, in modo da poter mettere in pratica quello che Gesù insegnava e faceva. Bisogna imparare il carisma scelto alla scuola di coloro che il Vescovo ha proposto e preposto per poter illuminare la mente, e indurre la volontà a praticare con gioia il dono del Signore: sempre e solo a servizio della pastorale diocesana.
Come fare per portare sulla nostra mano il peso del Carisma che tante volte potrebbe essere molto difficile? Le tentazioni infatti, le insidie del mondo e dell’Io, possono metterci sulla mano dei pesi che noi difficilmente riusciamo a portare. È necessaria la preghiera unita alla vigilanza perché il Signore ci dia la forza per soffrire tutto quello che rende difficile la pratica del Carisma. Soffrire per amore suo. La preghiera e la vigilanza infatti, sono la garanzia dell’ubbidienza alla fede e dell’amore al prossimo. Inoltre ci danno la forza per sopportare la sofferenza che il Signore vuole metterci nella mente, nella volontà, nelle emozioni, nei sensi, nella sessualità.
L’aiuto della Grazia è necessario per superare le insidie del mondo, le tentazioni di satana, i suggerimenti dell’Io, che vuole soddisfare i desideri dell’orgoglio e dell’amor proprio. Pregare e vigilare per ubbidire al Carisma che si è scelto, e usare carità per avere così una partecipazione dello Spirito di Dio in modo da poter accogliere con Gesù, con la forza del Signore, tutti i pesi che sono inclusi nella croce di una vita santa.
Il Carisma praticato, ci unisce con gioia con Gesù, si capisce insieme con la Madonna, e col Santo al quale si ispira il Carisma. Una volta associati a Gesù, ci viene data la garanzia dei frutti spirituali, che sono la conversione e la salvezza nostra e dei cristiani che hanno perduto la fede. Realizziamo la testimonianza nella società in cui viviamo, che ha perduto tutti i valori umani della giustizia sociale, dell’onestà e del rispetto dei diritti umani . È questo il nocciolo della nostra esistenza quaggiù sulla terra. Chi mette in pratica il suo Carisma, viene stimolato dallo Spirito Santo a investigare su le cose umili: “pur camminando nella carne, noi non combattiamo in conformità della carne; e le armi del nostro combattimento non sono carnali, ma potenti in Dio”.
La vita sulla terra ci costringe a respingere continuamente le passioni del corpo che reclamano i loro diritti. Il carisma può anche non essere un aiuto, specialmente quando non viene utilizzato per la finalità che lo Spirito Santo gli ha dato. San Paolo dice: “la cosa preferibile sarebbe per deliberarmi da queste esigenze peccaminose del mio corpo, ed essere con Cristo, ma ritengo necessario per il vostro bene, rimanere ancora nella carne”. Anche i più grandi Santi, nonostante i doni eccelsi dello Spirito Santo non sono stati liberati dai legami della carne. Essi trovano la forza per perseverare nel bene vivendo nelle miserie della natura umana, volgendo lo sguardo del cuore verso il Cielo. Non si vantano dei doni ricevuti, e rimangono umili davanti a Cristo.
Continuano a operare per la Chiesa, anche quando questa non li comprende o addirittura li perseguita. Continuano a operare per la conversione dei peccatori nella speranza di essere con Cristo. Speranza: essi sanno che Gesù esige i frutti dei doni che lo Spirito Santo ha dato loro, per cui sperano di aver fatto bene il loro dovere nella Chiesa e per la Chiesa che li rifiuta. La vita spirituale dei Santi si fonda sull’umiltà.
Questa virtù esige che essi alternino continuamente l’amore al prossimo e il perdono di Cristo per le loro miserie. Non c’è limite per l’amore e il perdono. Né in Dio, né nei veri figli di Dio. Finché c’è vita, non c’è limite. L’unica barriera alla discesa del perdono e dell’amore è la resistenza impenitente del peccatore. Ma se egli si pente, va sempre perdonato. Peccasse non una, due, tre volte al giorno, ma molte di più. Noi pure pecchiamo, sentiamo le attrazioni del peccato, e sentiamo la fragilità della natura umana. Per questo, pur continuando a fare il bene, vogliamo il perdono da Dio, e a lui andiamo dicendo: ho peccato, perdonami. A noi è dolce il perdono, come a Dio perdonare. E noi non siamo degli dei. Perciò meno grave è l’offesa che un nostro simile ci fa, di quella che fa a Colui che non è simile a nessun altro. Eppure Dio perdona.
Anche noi dobbiamo fare il somigliante, dobbiamo continuamente perdonare al prossimo. Stiamo attenti che la nostra intransigenza non si muti a danno, provocando l’intransigenza di Dio verso di noi. ” Siate misericordiosi per ottenere misericordia”. Nessuno è tanto senza peccato da poter essere inesorabile verso il peccatore. Guardiamo i nostri pesi prima di quelli che gravano sul cuore altrui. “Levate prima i vostri dal vostro spirito e poi rivolgetevi a quelli degli altri”, per mostrare agli altri non rigore che condanna, ma amore che ammaestra e aiuta ad essere liberati dal male. Per poter dire, e non essere messo a silenzio dal peccatore: tu hai peccato verso Dio e verso il prossimo, occorre non aver peccato, o almeno aver riparato al peccato.
Per poter dire a colui che è avvilito dall’aver peccato: abbi fede che Dio perdona a chi si pente. Come servi di questo Dio che perdona a chi si pente, dobbiamo mostrare tanta misericordia nel perdonare. Allora possiamo dire: io perdono le tue colpe sette e sette volte, perché servo sono di Colui che perdona volte senza numero a me, e a chi altrettante volte si pente dei suoi peccati. Pensa allora come ti perdona il Perfetto. Il Carisma non esonera nessuno dalle sue fragilità e dalla sua tendenza a peccare. Continuamente dobbiamo chiedere a Dio il perdono e dare il nostro perdono al prossimo. “chi dice di essere senza peccato, è un bugiardo”.