Recita con amore la novena a S. Francesco d’Assisi
†Nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo.Amen
Primo giorno
Ubbidienza Pronta Alla Volonta’ Di Dio
S. Francesco, poco tempo dopo la sua conversione, quando gia’ alcuni compagni si erano uniti a lui, era molto dubbioso su cio’ che doveva fare: se dedicarsi totalmente alla preghiera con una vita contemplativa oppure operare per la salvezza del prossimo predicando il Vangelo.
Desiderava ardentemente conoscere la volontà di Dio e, poiche’ la sua grande umilta’ non gli permetteva di fidarsi delle sue ispirazioni o della sua preghiera, mando’ frate Masseo da due anime sante: frate Silvestro e sorella Chiara per chiedere loro di comandare al Signore, nella preghiera, quale fosse la strada che Gesu’ aveva tracciato per lui.
Frate Silvestro era uomo di grande santita’ e tutto cio’ che chiedeva a Dio, l’otteneva. Per questo Francesco si era rivolto a lui. Frate Silvestro si mise subito in preghiera e ben presto ebbe la risposta. Anche Chiara e le sue compagne ebbero da Dio lo Stesso messaggio: “Iddio non t’a’ eletto per te solo, ma ringraziandio per la salute di molti (“Dio non ti ha colmato di favori per te solo, ma anche per la salvezza di molti).
Appena Francesco seppe la volonta’ di Gesu’, si alzo’ dicendo: “Nel nome di Dio, andiamo”.
Proponimento
- Chiediamo a Dio, con la preghiera, che ci illumini sulle scelte della nostra vita;
- cerchiamo di imitare la prontezza e l’entusiasmo di Francesco nell’adempiere alla volontà di Dio.
Pater, Ave, Gloria
S. Francesco, prega per noi.
Secondo giorno
S. Francesco E Gli Uccelli
Un giorno, S. Francesco camminava con alcuni frati nella pianura di Assisi quando alzo’ gli occhi e vide moltissimi uccelli. Disse allora ai suoi compagni: “Aspettate qui perche’ vado nel campo a predicare anche a loro.
Appena inizio’ a parlare, gli uccelli si posarono sugli alberi e rimasero fermi, finche’ il Santo non li ebbe benedetti.
S. Francesco parlo’ cosi’: “Sorelle e fratelli miei, dovete essere molto riconoscenti al vostro Creatore Iddio e dovete ringraziarLo in ogni luogo, perché vi ha donato l’aria e la liberta’ di volare dove vi piace.
Oltre a questo, voi non seminate e non mietete, eppure Dio vi nutre; Egli vi ha dato le fonti per dissetarvi, i monti e le valli per rifugiarvi, gli alberi per costruire i vostri nidi. Voi non sapete filare ne’ cucire, eppure Dio veste voi e i vostri figlioli. Il vostro Creatore vi ama molto poiche’ vi dona tanti benefici, perciò state ben lontani dal peccato dell’ingratitudine e pensate sempre a lodare Dio”.
A queste parole gli uccelli cominciarono ad allungare i colli, ad aprire i becchi e le ali e con rispetto a chinare le testine in basso, poi, con trilli e movimenti, dimostravano che le parole di S. Francesco avevano dato loro molta gioia.
Anche il Santo si rallegrava con loro e si stupiva di un cosi’ gran numero di uccelli e delle loro bellissime varieta’. Egli gioiva nel vedere come accoglievano la sua parola e come devotamente, secondo i loro modi, pareva lodassero il Creatore. Francesco li accarezzava e passava accanto a loro, sfiorava le testine e i corpi con la tunica, ma essi non volavano via. Alla fine li benedisse con un segno di Croce e diede loro il permesso di andarsene.
Allora tutti gli uccelli, con meravigliosi canti, si alzarono in volo separandosi in quattro schiere secondo la croce che S. Francesco aveva tracciato su di loro, e dirigendosi verso i quattro punti cardinali.
Essi dimostravano che la predicazione della croce di Cristo, rinnovata da S. Francesco, doveva essere portata con gioia da lui e dai suoi frati, in tutte le parti del mondo.
Proponimento
- Imitiamo S. Francesco nel contemplare la creazione come specchio del Creatore;
- ringraziamo Dio per il dono della creazione;
- cerchiamo di avere sempre rispetto per ogni creatura, in quanto espressione dell’amore del Creatore;
- riconosciamo in ogni essere creato un nostro fratello.
Pater, Ave, Gloria
S. Francesco, prega per noi.
Terzo giorno
L’umilta’ Di S. Francesco
S. Francesco si trovava alla Porziuncola con frate Masseo, uomo di grande santita’ e grazia nel parlare di Dio. Per questo il Santo lo amava molto. Un giorno, mentre Francesco tornava dal bosco, dove era stato a pregare, frate Masseo, che voleva provare la sua umilta’, gli ando’incontro dicendogli: “Perche’ proprio a te? Perche’ tutto il mondo vien dietro a te e tutti vogliono vederti, ascoltarti e ubbidirti? Tu non sei bello, non hai grande cultura, non sei nobile. Perche’, dunque, tutti ti seguono cosi’?”.
S. Francesco a queste parole si rallegro’ molto e, guardando il cielo, rimase per molto tempo rapito in Dio. Quando ritorno’ in se’, si inginocchio’ lodando e ringraziando il Signore, poi, molto infervorato, rispose a frate Masseo: “Vuoi sapere perche’ il mondo segue proprio me? Vedi, gli occhi dell’Altissimo Iddio, che vedono in ogni luogo e in ogni cuore, hanno visto che non esiste peccatore piu’ vile, piu’ misero di me sulla terra. Per questo, per attuare il suo grande disegno, Dio ha scelto me, per confondere la nobilta’, la grandezza e la potenza del mondo, affinche’ si sappia che ogni virtu’ e ogni bene non provengono dalle creature ma dal Creatore e nessuno possa gloriarsi davanti a Dio (Cor 1,27-31).
Solo a Lui ogni onore e gloria, nei secoli dei secoli”.
Frate Masseo, davanti ad una risposta cosi’ umile, fu meravigliato e spaventato nel comprendere la profondita’ dell’umilta’ di Francesco.
Proponimento
- Sull’esempio di Francesco, non esaltiamoci ne’ di fronte agli nomini ne’ di fronte a Dio;
- Abituiamoci a rendere onore e gloria a Dio per quanto Egli opera per mezzo di noi.
Pater, Ave, Gloria
S. Francesco, prega per noi.
Quarto giorno
L’amore di Dio In S. Francesco E S. Chiara
Quando S. Francesco era ad Assisi, visitava spesso S.Chiara dandole santi consigli. Lei aveva un grandissimo desiderio di pranzare almeno una volta con lui, ma il Santo non aveva mai acconsentito.
Un giorno, i frati dissero a Francesco:”Padre, a noi non sembra che questa tua rigidita’ sia secondo la carita’ divina. Potresti proprio accontentare le richieste di Chiara, sorella cosi’ santa e tanto cara a Dio che ha abbandonato il mondo dopo aver ascoltato le tue parole”. S. Francesco allora rispose: “Poiche’ vi sembra bene, allora chiederemo a sorella Chiara di uscire da S. Damiano, dove e’ rinchiusa da tanto tempo, per venire a mangiare con noi davanti a S. Maria degli Angeli, dove le furono tagliati i capelli e divenne sposa di Gesu’ Cristo”.
Quando giunse il giorno stabilito, S. Chiara, accompagnata da una sorella e da alcuni frati, arrivo’ a S. Maria degli Angeli.
Il pranzo era molto povero e apparecchiato per terra, come era solito fare il Santo. Quando furono pronte le vivande, Francesco comincio’ a parlare cosi’ soavemente di Dio, che scese su di loro l’abbondanza della grazia divina e furono subito rapiti in Dio. Rimasero fermi, con gli occhi al cielo e le mani alzate.
Nel frattempo gli uomini di Assisi, guardando verso la pianura, videro come un grande fuoco sulla chiesa di S. Maria degli Angeli, sulla pianura intorno e sul bosco. Accorsero in fretta per spegnere l’incendio, ma, quando giunsero nel luogo, videro che nulla bruciava. Trovarono S.Francesco con S.Chiara e tutti i loro compagni rapiti in contemplazione di Dio, seduti intorno a quella povera mensa, e compresero che quello era fuoco divino, non materiale, che Dio aveva fatto apparire miracolosamente e che simboleggiava il fuoco del divino amore del quale ardevano le anime di quei Santi, frati e monache. Gli uomini allora tornarono ad Assisi con il cuore traboccante di gioia.
Dopo molto tempo, quando Francesco, Chiara e i loro compagni si risvegliarono dall’estasi, sentendosi ristorati dal cibo spirituale, si preoccuparono ben poco di quello materiale, comunque mangiarono insieme benedicendo il Signore!
Proponimento
ricordiamoci che e’ indispensabile trovare il tempo per la preghiera, alimento spirituale della nostra anima;
Pater, Ave, Gloria
S. Francesco, prega per noi.
Quinto giorno
S. Francesco e la poverta’
Nella I regola, S.Francesco scrisse:
“La regola e la vita dei frati e’ questa, cioe’ vivere in obbedienza, in castita’ e senza nulla di proprio, seguendo l’insegnamento e l’esempio del Signore nostro Gesu’ Cristo, il quale dice: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi» (Mt 19,21). I frati non si approprino di niente: ne’ casa, ne’ luogo, ne’ cosa alcuna”.
Anche nell’ultima volonta’ che S.Francesco scrisse a S.Chiara si legge: “lo piccolo frate Francesco voglio seguire la vita e la poverta’dell’altissimo Signore nostro Gesu’ Cristo e della sua Santissima Madre e perseverare in tal vita sino alla fine. E prego voi, signore mie, e vi consiglio di vivere sempre in codesta santissima vita e poverta'”.
S. Francesco, per essere veramente povero, volle guadagnare con il sudore della propria fronte il necessario alla vita. Il lavoro doveva essere solo strumento per guadagnare quanto permetteva a lui ed ai suoi frati di avere abitazioni, vesti e mense povere.
La poverta’ di S.Francesco e dei suoi primi compagni rifulgeva in modo particolare nelle abitazioni. Dopo avere abbandonato la casa paterna, suo rifugio fu una grotta presso Assisi, e poi non ebbe fissa dimora sino a quando con i primi frati “si raccoglieva presso la citta’ di Assisi in un luogo che si chiama Rivotorto”.
Francesco e i suoi frati vivevano in un tugurio abbandonato, nella piu’ completa indigenza, molto spesso privi anche del pane. Quel luogo era cosi’ stretto che si poteva a mala pena stare seduti o distesi, ma tra loro non si udiva mormorazione ne’ lamento, anzi ognuno conservava la sua serenita’ con “tranquillita’ di cuore e allegrezza di spirito”.
Francesco sosteneva che “si sale prima in Cielo da un tugurio che da un palazzo”.
Ricercava sempre la santa semplicitaà e non permetteva che la strettezza del luogo trattenesse le espansioni del cuore. Scriveva percio’ il nome dei frati sui travicelli del tugurio, affinché ognuno, volendo pregare o dormire, potesse riconoscere il suo posto e l’angustia del luogo non turbasse il raccoglimento dello spirito.
Proponimento
- Sull’esempio di Francesco, ricordiamoci che Gesu’ volle scegliere per Se’ e per sua Madre la poverta’;
- Cerchiamo il distacco dalle cose della terra per essere sempre piu’ protesi verso le realta’ dei Cielo.
Pater, Ave, Gloria
S. Francesco, prega per noi.
Sesto giorno
La penitenza
Francesco era di costituzione gracile e debole giĂ dalla giovinezza, eppure sottopose il suo corpo a penitenze e ristrettezze rigidissime!
La sua penitenza inizio’ con l’amore verso i lebbrosi.
“Un giorno, cavalcando presso Assisi, ne incontro’ uno e, sebbene ne provasse non poca molestia e orrore, pure balzo’ di cavallo e corse a baciarlo e il lebbroso tendendogli la mano come per ricevere l’elemosina, ricevette insieme da lui il denaro e un bacio. Ed egli, subito risalito a cavallo, volgendosi di qua e di la’, ed era in un campo aperto senza alcun ostacolo allo sguardo, non vide piu’ il lebbroso. Onde, ripieno di meraviglia e di gioia, pochi giorni dopo vuole ripetere l’atto; si reca alla dimora dei lebbrosi e ad ognuno, distribuendo l’elemosina, bacia la mano e la bocca. Cosi’ prende le cose amare invece delle dolci e si prepara virilmente ad osservare gli altri comandamenti”.
In seguito si reco’ tra i lebbrosi e rimase con loro, servendoli in tutte le loro necessita’ per amore di Dio, lavando i loro corpi deformati e tergendo “la materia delle piaghe”. Celano ci assicura che prima della conversione, Francesco inorridiva alla vista dei lebbrosi e, quando da lontano scorgeva i loro rifugi, si turava le narici con le mani.
Per il riposo, Francesco non voleva materassi o coperte: egli si stendeva al suolo sopra la sua tunica e spesso per dormire stava seduto appoggiandosi ad un guanciale di legno o di pietra.
Riteneva molto utile la mortificazione della lingua e per questo scrisse: “Beato quel religioso che non trova giubilo e letizia se non nei santissimi ragionamenti e nelle opere di Dio e con questi conduce gli uomini ad amare Dio, in gaudio e letizia. E guai al religioso che si diletta di parole inutili e vane e con queste spinge gli uomini al riso”.
Nella vita di S.Francesco appare soprattutto evidente la necessita’ di mortificare la gola. “Francesco martoriava il suo corpo astenendosi dal cibo e dal bere. Raramente nei periodi in cui era in buona salute, ammetteva i cibi cotti. Quando li accettava, li mangiava dopo averli mescolati con la cenere oppure li rendeva estremamente insipidi allungandoli con molta acqua. Egli era molto severo con se stesso ma nello stesso tempo era indulgente con gli altri e volle sempre che le penitenze dei suoi frati non fossero esagerate perche’ diceva che anche “fratello corpo ha le sue esigenze che debbono essere soddisfatte affinche’ l’uomo possa impegnarsi nell’esercizio del dovere quotidiano e vegliare nella preghiera.
Proponimento
mortifichiamo i desideri del corpo, affinche’ siano sempre subordinati alle esigenze dello spirito.
Pater, Ave, Gloria
S. Francesco, prega per noi.
Settimo giorno
Come S.Francesco seppe sopportare le avversita’
Dopo la sua conversione, S.Francesco dovette superare gravi difficolta’, ma seppe reagire «con molta fermezza nelle tribolazioni» (2 Cor 6,4) e seppe conservare la «gioia dello Spirito Santo» (1 Ts 1,6) nonostante le avversita’.Â
Quando Francesco decise di vivere secondo il Vangelo, si trovo’ davanti la violenta opposizione dei parenti. Il padre, considerando pazzia l’abbandono delle cose del mondo per il servizio di Cristo, comincio’ a perseguitarlo con minacce.
lì Santo, dopo aver pianto e pregato, ebbe luce e forza da Dio, tanto che seppe affrontare con gioia anche gli improperi
Anche i suoi compagni di un tempo, vedendolo tanto cambiato e prostrato dalla penitenza, lo insultavano e gli scagliavano addosso il fango e le pietre della strada, perche’ lo ritenevano pazzo.
Francesco sopportava con gioia ogni pena, pensando alle sofferenze e alle incomprensioni sopportate da Gesu’, il Figlio di Dio.
Piu’ tardi si vide combattuto da alcuni dei suoi frati che lo ostacolavano pretendendo di modificare la regola. Egli voleva applicare letteralmente il Santo Vangelo, ma i frati piu’ letterati e sapienti pretendevano di mitigare i punti piu’ rigidi, quelli che richiedevano maggior penitenza e sacrifici per l’imitazione integrale della vita di Gesu’ e fu cosi’ grande e forte la loro opposizione che Francesco fu costretto a dimettersi dal governo dell’Ordine.
Egli superava con molta umilta’ tali contrasti e diceva: “E’ segno di grande amore quando il Signore punisce bene il servo suo di tutti i suoi difetti in questo mondo, accio’ che non ne sia punito nell’altro. E io sono pronto a sostenere allegramente ogni pena e ogni avversita’ che tu, o Dio, mi vuoi mandare per i miei peccati”.
S. Francesco riusci’ a superare le difficolta’ con umilta’ e letizia.
Proponimento
- impegnamoci ad accettare anche le opposizioni dei piu’ vicini e dei piu’ cari quando Dio ci chiama per una strada che essi non condividono;
- accettiamo con umilta’ i contrasti nell’ambiente in cui quotidianamente viviamo, ma difendiamo con fermezza quanto ci sembra utile per il bene nostro e di coloro che ci stanno vicino e, soprattutto, perla gloria di Dio.
Pater, Ave, Gloria
S. Francesco, prega per noi.
Ottavo giorno
Come S. Francesco seppe soffrire sorridendo
Sono state numerose e dolorose le malattie sofferto da S. Francesco, ma esse non lo privarono mai della sua proverbiale letizia; soffri’, infatti, sorridendo e ringraziando il Signore per le sofferenze. Considero’ anche lo malattie un’espressione della bonta’ di Dio e attese la morte cantando.Â
Aveva una grave malattia agli occhi ed il male sembrava progredire di giorno in giorno per mancanza di cure. Stava per perdere la vista, ma rifiutava ogni cura perche’ era sempre molto severo con il suo corpo. Quando frate Ella e il Cardinale Ugolino riuscirono a convincerlo ad “usare con minori scrupoli qualche riguardo per il suo male”, la malattia ora cosi’ grave che richiedeva grande competenza da parte dei medici e “dolorosissimi mezzi di cura”.
Nella primavera del 1225, la malattia agli occhi era tanto peggiorata che Francesco “non poteva scorgere la luce del giorno né quella del fuoco durante la notte”. Parti’ allora per andare da un medico che tutti dicevano espertissimo nella cura di questo male. Francesco portava un grande cappuccio fatto dai frati e sugli occhi una benda di lana o lino cucita al cappuccio, perche’ vedere la luce gli causava fortissimi dolori.
Il medico penso’ di curarlo con bruciature. Porto’ un ferro o lo fece arroventare davanti al Santo, il quale cerco’ di darsi coraggio dicendo al fuoco: “Frate fuoco, nobile e utile creatura tra le creature dell’Altissimo, usami cortesia in quest’ora: un giorno io ti ho amato e ancora voglio amarti per amore di quel Signore che ti creo’. E prego il Creatore nostro che temperi il tuo calore, perche’ io possa sopportarlo”.
Terminata la preghiera, benedisse il fuoco. I frati presenti fuggirono tutti, presi dalla pieta’ e dalla compassione. Quando il medico ebbe finito la dolorosissima operazione, i frati rientrarono e S. Francesco racconto’ loro di non aver sentito dolore alcuno e neppure il calore del fuoco. Anche il medico, molto meravigliato, confermo’ che il Santo non si era neppure scomposto e disse:
“Fratelli, avrei temuto non solo di lui, debole o infermo, ma anche di uno forte e sano, che non avesse potuto sopportare una cottura cosi’ forte. Ne ho fatto esperienza in altri”. “Per quasi due anni ebbe a sostenere queste sofferenze con pazienza o umilta’, di tutto rendendo grazie a Dio”.
Quando S.Francesco ricevette le stimmate, le sue sofferenze furono notevolmente accentuate. “Quelle piaghe santissime, in quanto gli erano impresso da Cristo, gli dettero al cuore grandissima allegrezza, niente di meno alla carne sua e ai sentimenti corporali a cui davano intollerabile dolore”. Per poter camminare e perche’ non si vedessero le ferite ai piedi, indosso’ dei “calzerotti di lana” mettendo un pezzetto di pelle sulle ferite per evitare il contatto con la lana ruvida. Dopo aver ricevuto le stimmate scese da La Verna e, come racconta S. Bonaventura: “Incomincio’ ad andare soggetto a molte e varie malattie”.
Francesco sopportava tutto con gioia, giungendo a considerare le malattie come sorelle. Infatti, il Celano racconta: “Fu un vero miracolo che, cosi’ affranto per le sofferenze in ogni parte del corpo, avesse ancora la forza di resistere. Pure queste angosce non le chiamava pene, ma sorelle”.
Proponimento
- Chiediamo a Francesco la sua gioia e serenita’ nelle malattie, pensando che la sofferenza e’ un grande dono di Dio in vista della nostra gioia futura;
- seguendo l’esempio di Francesco, sopportiamo le malattie con pazienza e senza far pesare il nostro dolore sugli altri;
- cerchiamo di ringraziare il Signore non solo quando ci dona la gioia, ma anche quando permette le malattie.
Pater, Ave, Gloria
S. Francesco, prega per noi.
Nono giorno
Come S. Francesco accolse la morte
Il Celano racconta che la malattia di S.Francesco si stava aggravando e il corpo del Santo si indeboliva sempre piu’, tanto che non poteva piu’ muoversi. Un frate chiese a Francesco se preferisse la sofferenza lunga e continua di tale grave infermita’ oppure il martirio, la morte violenta e atroce provocata dal carnefice.
Egli rispose: “O figlio, la cosa che mi e’ piu’ cara, piu’ dolce, piu’ gradita, e’ che si adempia in me e su di me la volonta’ del Signore Iddio. lo voglio essere totalmente concord e obbediente soltanto alla Sua volonta’. Ma se dovessi guardare non al premio, ma solo al dolore fisico che provo e’ per me più atroce di qualunque martirio tollerare questa malattia anche solo tre giorni”.
Nel 20″ anno della sua conversione, due anni dopo l’impressione dello stimmate, “squadrato ormai da numerosi colpi di dolore e infermita’,… come pietra da collocare nella Gerusalemme celeste o come lavoro malleabile portato a perfezione dal martello delle molteplici tribolazioni”, S.Francesco chiese di essere portato a S.Maria della Porziuncola per morire proprio nel luogo dove aveva ricevuto lo Spirito della grazia di Dio.
Baciando la terra, disse: “Ti ringrazio, Signore Dio, di tutte queste mie sofferenze e ti prego, o Signore, che me ne mandi altre cento, se cosi’ ti piace: poiche’ questo mi sarà graditissimo; colpendomi con il dolore tu mi risparmi; mentre l’adempimento della tua santa volonta’ costituisce per me una grandissima consolazione”. “Quel padre santissimo riputava sempre cosa dolce cio’ che sapeva di amaro al corpo ed attingeva di continuo immensa dolcezza dall’ umilta’ e dall’imitazione del Figlio di Dio”.
Quando S.Francesco era colpito da sofferenze piu’ forti, cantava o faceva cantare dai suoi compagni “lo lodi dello creature”, il cantico di frate sole che egli Stesso aveva composto.
Quando seppe che la morto era imminente, nonostante soffrisse moltissimo fisicamente, egli gioì e lodo’ il Signore con grande trasporto, poi disse a un frate: “Se al mio Signore piace che io muoia tra breve, fa’ venire a me frate Angelo e frate Leone affinche’ mi cantino di sorella morte”. Quando i due frati furono davanti a lui, addolorati e piangenti, cantarono il cantico di frate sole e Francesco aggiunse anche alcuni versi su “sorella morte”:
“Laudato sii, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale
da la quale nullo homo vivente puo’ scampare, guai a quelli che morranno ne le peccata mortali,
beati quelli che trovara’ ne le tue sanctissime voluntate che la morte secunda nol fara’ male”.
Proponimento
viviamo ogni istante della nostra vita terrena come mezzo per conseguire la gioia eterna.
Pater, Ave, Gloria
S. Francesco, prega per noi.