ARTICOLO 1
IL PRIMO COMANDAMENTO
« Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai » (Es 20,2-5).24
Sta scritto: « Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto » (Mt 4,10).
I. «Adorerai il Signore Dio tuo e lo servirai»
2084 Dio si fa conoscere ricordando la sua azione onnipotente, benevola e liberatrice nella storia di colui al quale si rivolge: « Io ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù » (Dt 5,6). La prima parola contiene il primo comandamento della Legge: « Temerai il Signore Dio tuo, lo servirai […]. Non seguirete altri dei » (Dt 6,13-14). Il primo appello e la giusta esigenza di Dio è che l’uomo lo accolga e lo adori.
2085 Il Dio unico e vero rivela innanzi tutto la sua gloria ad Israele.25 La rivelazione della vocazione e della verità dell’uomo è legata alla rivelazione di Dio. L’uomo ha la vocazione di manifestare Dio agendo in conformità con il suo essere creato « ad immagine e somiglianza » di Dio (Gn 1,26):
« Non ci saranno mai altri dei, o Trifone, né mai ce ne sono stati fin dalle origini […], all’infuori di colui che ha creato e ordinato l’universo. Noi non pensiamo che il nostro Dio differisca dal vostro. È lo stesso che ha fatto uscire i vostri padri dall’Egitto con mano potente e braccio teso. Noi non riponiamo le nostre speranze in qualche altro dio – non ce ne sono – ma nello stesso Dio in cui voi sperate, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe ».26
2086 « Nell’esplicita affermazione divina: “Io sono il Signore tuo Dio” è incluso il comandamento della fede, della speranza e della carità. Se noi riconosciamo infatti che egli è Dio, e cioè eterno, immutabile, sempre uguale a se stesso, affermiamo con ciò anche la sua infinita veracità; ne segue quindi l’obbligo di accogliere le sue parole e di aderire ai suoi comandi con pieno riconoscimento della sua autorità. Se egli inoltre è Dio, noi ne riconosciamo l’onnipotenza, la bontà, i benefici; di qui l’illimitata fiducia e la speranza. E se egli è l’infinita bontà e l’infinito amore, come non offrirgli tutta la nostra dedizione e donargli tutto il nostro amore? Ecco perché nella Bibbia Dio inizia e conclude invariabilmente i suoi comandi con la formula: Io sono il Signore ».27
La fede
2087 La nostra vita morale trova la sua sorgente nella fede in Dio che ci rivela il suo amore. San Paolo parla dell’obbedienza alla fede28 come dell’obbligo primario. Egli indica nell’« ignoranza di Dio » il principio e la spiegazione di tutte le deviazioni morali.29 Il nostro dovere nei confronti di Dio è di credere in lui e di rendergli testimonianza.
2088 Il primo comandamento ci richiede di nutrire e custodire la nostra fede con prudenza e vigilanza e di respingere tutto ciò che le è contrario. Ci sono diversi modi di peccare contro la fede:
Il dubbio volontario circa la fede trascura o rifiuta di ritenere per vero ciò che Dio ha rivelato e che la Chiesa ci propone a credere. Il dubbio involontario indica l’esitazione a credere, la difficoltà nel superare le obiezioni legate alla fede, oppure anche l’ansia causata dalla sua oscurità. Se viene deliberatamente coltivato, il dubbio può condurre all’accecamento dello spirito.
2089 L’incredulità è la noncuranza della verità rivelata o il rifiuto volontario di dare ad essa il proprio assenso. « Viene detta eresia l’ostinata negazione, dopo aver ricevuto il Battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato su di essa; apostasia, il ripudio totale della fede cristiana; scisma, il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti ».30
La speranza
2090 Quando Dio si rivela e chiama l’uomo, questi non può rispondere pienamente all’amore divino con le sue proprie forze. Deve sperare che Dio gli donerà la capacità di contraccambiare il suo amore e di agire conformemente ai comandamenti della carità. La speranza è l’attesa fiduciosa della benedizione divina e della beata visione di Dio; è anche il timore di offendere l’amore di Dio e di provocare il castigo.
2091 Il primo comandamento riguarda pure i peccati contro la speranza, i quali sono la disperazione e la presunzione:
Per la disperazione, l’uomo cessa di sperare da Dio la propria salvezza personale, gli aiuti per conseguirla o il perdono dei propri peccati. Si oppone alla bontà di Dio, alla sua giustizia – il Signore, infatti, è fedele alle sue promesse – e alla sua misericordia.
2092 Ci sono due tipi di presunzione. O l’uomo presume delle proprie capacità (sperando di potersi salvare senza l’aiuto dall’alto), oppure presume della onnipotenza e della misericordia di Dio (sperando di ottenere il suo perdono senza conversione e la gloria senza merito).
La carità
2093 La fede nell’amore di Dio abbraccia l’appello e l’obbligo di rispondere alla carità divina con un amore sincero. Il primo comandamento ci ordina di amare Dio al di sopra di tutto,31 e tutte le creature per lui e a causa di lui.
2094 Si può peccare in diversi modi contro l’amore di Dio: l’indifferenza è incurante della carità divina o rifiuta di prenderla in considerazione; ne misconosce l’iniziativa e ne nega la forza. L’ingratitudine tralascia o rifiuta di riconoscere la carità divina e di ricambiare a Dio amore per amore. La tiepidezza è un’esitazione o una negligenza nel rispondere all’amore divino; può implicare il rifiuto di abbandonarsi al dinamismo della carità. L’accidia o pigrizia spirituale giunge a rifiutare la gioia che viene da Dio e a provare repulsione per il bene divino. L’odio di Dio nasce dall’orgoglio. Si oppone all’amore di Dio, del quale nega la bontà e che ardisce maledire come colui che proibisce i peccati e infligge i castighi.
II. «A lui solo rendi culto»
2095 Le virtù teologali della fede, della speranza e della carità informano e vivificano le virtù morali. Così la carità ci porta a rendere a Dio ciò che in tutta giustizia gli dobbiamo in quanto creature. La virtù della religione ci dispone a tale atteggiamento.
L’adorazione
2096 Della virtù della religione, l’adorazione è l’atto principale. Adorare Dio è riconoscerlo come Dio, come Creatore e Salvatore, Signore e Padrone di tutto ciò che esiste, Amore infinito e misericordioso. « Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai » (Lc 4,8), dice Gesù, citando il Deuteronomio (Dt 6,13).
2097 Adorare Dio è riconoscere, nel rispetto e nella sottomissione assoluta, il « nulla della creatura », la quale non esiste che da Dio. Adorare Dio – come fa Maria nel « Magnificat » – è lodarlo, esaltarlo e umiliare se stessi, confessando con gratitudine che egli ha fatto grandi cose e che santo è il suo nome.32 L’adorazione del Dio unico libera l’uomo dal ripiegamento su se stesso, dalla schiavitù del peccato e dall’idolatria del mondo.
La preghiera
2098 Gli atti di fede, di speranza e di carità prescritti dal primo comandamento si compiono nella preghiera. L’elevazione dello spirito verso Dio è un’espressione della nostra adorazione di Dio: preghiera di lode e di rendimento di grazie, d’intercessione e di domanda. La preghiera è una condizione indispensabile per poter obbedire ai comandamenti di Dio. Bisogna « pregare sempre, senza stancarsi » (Lc 18,1).
Il sacrificio
2099 È giusto offrire sacrifici a Dio in segno di adorazione e di riconoscenza, di implorazione e di comunione: « Ogni azione compiuta per aderire a Dio rimanendo con lui in comunione, e poter così essere nella gioia, è un vero sacrificio ».33
2100 Per essere autentico, il sacrificio esteriore deve essere espressione del sacrificio spirituale: « Uno spirito contrito è sacrificio… » (Sal 51,19). I profeti dell’Antica Alleanza spesso hanno denunciato i sacrifici compiuti senza partecipazione interiore34 o disgiunti dall’amore del prossimo.35 Gesù richiama le parole del profeta Osea: « Misericordia io voglio, non sacrificio » (Mt 9,13; 12,7).36 L’unico sacrificio perfetto è quello che Cristo ha offerto sulla croce in totale oblazione all’amore del Padre e per la nostra salvezza.37 Unendoci al suo sacrificio, possiamo fare della nostra vita un sacrificio a Dio.
Promesse e voti
2101 In parecchie circostanze il cristiano è chiamato a fare delle promesse a Dio. Il Battesimo e la Confermazione, il Matrimonio e l’Ordinazione sempre ne comportano. Per devozione personale il cristiano può anche promettere a Dio un’azione, una preghiera, un’elemosina, un pellegrinaggio, ecc. La fedeltà alle promesse fatte a Dio è un’espressione del rispetto dovuto alla divina maestà e dell’amore verso il Dio fedele.
2102 « Il voto, ossia la promessa deliberata e libera di un bene possibile e migliore fatta a Dio, deve essere adempiuto per la virtù della religione ».38 Il voto è un atto di devozione, con cui il cristiano offre se stesso a Dio o gli promette un’opera buona. Mantenendo i suoi voti, egli rende pertanto a Dio ciò che a lui è stato promesso e consacrato. Gli Atti degli Apostoli ci presentano san Paolo preoccupato di mantenere i voti da lui fatti.39
2103 La Chiesa riconosce un valore esemplare ai voti di praticare i consigli evangelici:40
« Si rallegra la Madre Chiesa di trovare nel suo seno molti uomini e donne, che seguono più da vicino l’annientamento del Salvatore e più chiaramente lo mostrano, abbracciando la povertà nella libertà dei figli di Dio e rinunciando alla propria volontà: essi, cioè, in ciò che riguarda la perfezione, si sottomettono a un uomo per Dio, al di là della stretta misura del precetto, al fine di conformarsi più pienamente a Cristo obbediente ».41
In certi casi, la Chiesa può, per congrue ragioni, dispensare dai voti e dalle promesse.42
Il dovere sociale della religione e il diritto alla libertà religiosa
2104 « Tutti gli uomini sono tenuti a cercare la verità, specialmente in ciò che riguarda Dio e la sua Chiesa, e, una volta conosciuta, ad abbracciarla e custodirla ».43 È un dovere che deriva dalla « stessa natura » degli uomini.44 Non si contrappone ad un sincero rispetto per le diverse religioni, le quali « non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini »,45 né all’esigenza della carità, che spinge i cristiani « a trattare con amore, prudenza e pazienza gli uomini che sono nell’errore o nell’ignoranza circa la fede ».46
2105 Il dovere di rendere a Dio un culto autentico riguarda l’uomo individualmente e socialmente. È « la dottrina cattolica tradizionale sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera religione e l’unica Chiesa di Cristo ».47 Evangelizzando senza posa gli uomini, la Chiesa si adopera affinché essi possano « informare dello spirito cristiano la mentalità e i costumi, le leggi e le strutture della comunità »48 in cui vivono. Il dovere sociale dei cristiani è di rispettare e risvegliare in ogni uomo l’amore del vero e del bene. Richiede loro di far conoscere il culto dell’unica vera religione che sussiste nella Chiesa cattolica ed apostolica.49 I cristiani sono chiamati ad essere la luce del mondo.50 La Chiesa in tal modo manifesta la regalità di Cristo su tutta la creazione e in particolare sulle società umane.51
2106 « Che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza, né impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità alla sua coscienza privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata ».52 Tale diritto si fonda sulla natura stessa della persona umana, la cui dignità la fa liberamente aderire alla verità divina che trascende l’ordine temporale. Per questo « perdura anche in coloro che non soddisfano all’obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa ».53
2107 « Se, considerate le circostanze peculiari dei popoli, nell’ordinamento giuridico di una società viene attribuito ad una comunità religiosa uno speciale riconoscimento civile, è necessario che nello stesso tempo a tutti i cittadini e comunità religiose venga riconosciuto e rispettato il diritto alla libertà in materia religiosa ».54
2108 Il diritto alla libertà religiosa non è né la licenza morale di aderire all’errore,55 né un implicito diritto all’errore,56 bensì un diritto naturale della persona umana alla libertà civile, cioè all’immunità da coercizione esteriore, entro giusti limiti, in materia religiosa, da parte del potere politico. Questo diritto naturale deve essere riconosciuto nell’ordinamento giuridico della società così che divenga diritto civile.57
2109 Il diritto alla libertà religiosa non può essere di per sé né illimitato,58 né limitato semplicemente da un ordine pubblico concepito secondo un criterio « positivistico » o « naturalistico ».59 I « giusti limiti » che sono inerenti a tale diritto devono essere determinati per ogni situazione sociale con la prudenza politica, secondo le esigenze del bene comune, e ratificati dall’autorità civile secondo « norme giuridiche conformi all’ordine morale oggettivo ».60
III. «Non avrai altri dèi di fronte a me»
2110 Il primo comandamento vieta di onorare altri dèi, all’infuori dell’unico Signore che si è rivelato al suo popolo. Proibisce la superstizione e l’irreligione. La superstizione rappresenta, in qualche modo, un eccesso perverso della religione; l’irreligione è un vizio opposto, per difetto, alla virtù della religione.
La superstizione
2111 La superstizione è la deviazione del sentimento religioso e delle pratiche che esso impone. Può anche presentarsi mascherata sotto il culto che rendiamo al vero Dio, per esempio, quando si attribuisce un’importanza in qualche misura magica a certe pratiche, peraltro legittime o necessarie. Attribuire alla sola materialità delle preghiere o dei segni sacramentali la loro efficacia, prescindendo dalle disposizioni interiori che richiedono, è cadere nella superstizione.61
L’idolatria
2112 Il primo comandamento condanna il politeismo. Esige dall’uomo di non credere in altri dèi che nell’unico Dio, di non venerare altre divinità che l’Unico. La Scrittura costantemente richiama a questo rifiuto degli idoli che sono « argento e oro, opera delle mani dell’uomo », i quali « hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono… ». Questi idoli vani rendono l’uomo vano: « Sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida » (Sal 115,4-5.8).62 Dio, al contrario, è il « Dio vivente » (Gs 3,10),63 che fa vivere e interviene nella storia.
2113 L’idolatria non concerne soltanto i falsi culti del paganesimo. Rimane una costante tentazione della fede. Consiste nel divinizzare ciò che non è Dio. C’è idolatria quando l’uomo onora e riverisce una creatura al posto di Dio, si tratti degli dèi o dei demoni (per esempio il satanismo), del potere, del piacere, della razza, degli antenati, dello Stato, del denaro, ecc. « Non potete servire a Dio e a mammona », dice Gesù (Mt 6,24). Numerosi martiri sono morti per non adorare « la Bestia »,64 rifiutando perfino di simularne il culto. L’idolatria respinge l’unica Signoria di Dio; perciò è incompatibile con la comunione divina.65
2114 La vita umana si unifica nell’adorazione dell’Unico. Il comandamento di adorare il solo Signore unifica l’uomo e lo salva da una dispersione senza limiti. L’idolatria è una perversione del senso religioso innato nell’uomo. Idolatra è colui che « riferisce la sua indistruttibile nozione di Dio a chicchessia anziché a Dio ».66
Divinazione e magia
2115 Dio può rivelare l’avvenire ai suoi profeti o ad altri santi. Tuttavia il giusto atteggiamento cristiano consiste nell’abbandonarsi con fiducia nelle mani della provvidenza per ciò che concerne il futuro e a rifuggire da ogni curiosità malsana a questo riguardo. L’imprevidenza può costituire una mancanza di responsabilità.
2116 Tutte le forme di divinazione sono da respingere: ricorso a Satana o ai demoni, evocazione dei morti o altre pratiche che a torto si ritiene che « svelino » l’avvenire.67 La consultazione degli oroscopi, l’astrologia, la chiromanzia, l’interpretazione dei presagi e delle sorti, i fenomeni di veggenza, il ricorso ai medium manifestano una volontà di dominio sul tempo, sulla storia ed infine sugli uomini ed insieme un desiderio di rendersi propizie le potenze nascoste. Sono in contraddizione con l’onore e il rispetto, congiunto a timore amante, che dobbiamo a Dio solo.
2117 Tutte le pratiche di magia e di stregoneria con le quali si pretende di sottomettere le potenze occulte per porle al proprio servizio ed ottenere un potere soprannaturale sul prossimo – fosse anche per procurargli la salute – sono gravemente contrarie alla virtù della religione. Tali pratiche sono ancora più da condannare quando si accompagnano ad una intenzione di nuocere ad altri o quando in esse si ricorre all’intervento dei demoni. Anche portare amuleti è biasimevole. Lo spiritismo spesso implica pratiche divinatorie o magiche. Pure da esso la Chiesa mette in guardia i fedeli. Il ricorso a pratiche mediche dette tradizionali non legittima né l’invocazione di potenze cattive, né lo sfruttamento della credulità altrui.
L’irreligione
2118 Il primo comandamento di Dio condanna i principali peccati di irreligione: l’azione di tentare Dio, con parole o atti, il sacrilegio e la simonia.
2119 L’azione di tentare Dio consiste nel mettere alla prova, con parole o atti, la sua bontà e la sua onnipotenza. È così che Satana voleva ottenere da Gesù che si buttasse giù dal Tempio obbligando Dio, in tal modo, ad intervenire.68 Gesù gli oppone la parola di Dio: « Non tenterai il Signore Dio tuo » (Dt 6,16). La sfida implicita in simile tentazione di Dio ferisce il rispetto e la fiducia che dobbiamo al nostro Creatore e Signore. In essa si cela sempre un dubbio riguardo al suo amore, alla sua provvidenza e alla sua potenza.69
2120 Il sacrilegio consiste nel profanare o nel trattare indegnamente i sacramenti e le altre azioni liturgiche, come pure le persone, gli oggetti e i luoghi consacrati a Dio. Il sacrilegio è un peccato grave soprattutto quando è commesso contro l’Eucaristia, poiché, in questo sacramento, ci è reso presente sostanzialmente il Corpo stesso di Cristo.70
2121 La simonia71 consiste nell’acquisto o nella vendita delle realtà spirituali. A Simone il mago, che voleva acquistare il potere spirituale che vedeva all’opera negli Apostoli, Pietro risponde: « Il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai osato pensare di acquistare con denaro il dono di Dio » (At 8,20). Così si conformava alla parola di Gesù: « Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date » (Mt 10,8).72 È impossibile appropriarsi i beni spirituali e comportarsi nei loro confronti come un possessore o un padrone, dal momento che la loro sorgente è in Dio. Non si può che riceverli gratuitamente da lui.
2122 « Il ministro, oltre alle offerte determinate dalla competente autorità, per l’amministrazione dei sacramenti non domandi nulla, evitando sempre che i più bisognosi siano privati dell’aiuto dei sacramenti a motivo della povertà ».73 L’autorità competente determina queste « offerte » in virtù del principio che il popolo cristiano deve concorrere al sostentamento dei ministri della Chiesa. « L’operaio ha diritto al suo nutrimento » (Mt 10,10).74
L’ateismo
2123 « Molti nostri contemporanei […] non percepiscono affatto o esplicitamente rigettano l’intimo e vitale legame con Dio, così che l’ateismo va annoverato fra le cose più gravi del nostro tempo ».75
2124 Il termine ateismo indica fenomeni molto diversi. Una forma frequente di esso è il materialismo pratico, che racchiude i suoi bisogni e le sue ambizioni entro i confini dello spazio e del tempo. L’umanesimo ateo ritiene falsamente che l’uomo « sia fine a se stesso, unico artefice e demiurgo della propria storia ».76 Un’altra forma dell’ateismo contemporaneo si aspetta la liberazione dell’uomo da una liberazione economica e sociale, alla quale « si pretende che la religione sia di ostacolo, per natura sua, in quanto, elevando la speranza dell’uomo verso una vita futura e fallace, lo distoglierebbe dall’edificazione della città terrena ».77
2125 Per il fatto che respinge o rifiuta l’esistenza di Dio, l’ateismo è un peccato contro la virtù della religione.78 L’imputabilità di questa colpa può essere fortemente attenuata dalle intenzioni e dalle circostanze. Alla genesi e alla diffusione dell’ateismo « possono contribuire non poco i credenti, in quanto per aver trascurato di educare la propria fede, o per una presentazione fallace della dottrina, o anche per i difetti della propria vita religiosa, morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e non che manifestano il genuino volto di Dio e della religione ».79
2126 Spesso l’ateismo si fonda su una falsa concezione dell’autonomia umana, spinta fino al rifiuto di ogni dipendenza nei confronti di Dio.80 In realtà, il riconoscimento di Dio non si oppone in alcun modo alla dignità dell’uomo, « dato che questa dignità trova proprio in Dio il suo fondamento e la sua perfezione ».81 La Chiesa sa « che il suo messaggio è in armonia con le aspirazioni più segrete del cuore umano ».82
L’agnosticismo
2127 L’agnosticismo assume parecchie forme. In certi casi l’agnostico si rifiuta di negare Dio; ammette invece l’esistenza di un essere trascendente che non potrebbe rivelarsi e di cui nessuno sarebbe in grado di dire niente. In altri casi l’agnostico non si pronuncia sull’esistenza di Dio, dichiarando che è impossibile provarla, così come è impossibile ammetterla o negarla.
2128 L’agnosticismo può talvolta racchiudere una certa ricerca di Dio, ma può anche costituire un indifferentismo, una fuga davanti al problema ultimo dell’esistenza e un torpore della coscienza morale. Troppo spesso l’agnosticismo equivale a un ateismo pratico.
IV. «Non ti farai alcuna immagine scolpita…»
2129 L’ingiunzione divina comportava il divieto di qualsiasi rappresentazione di Dio fatta dalla mano dell’uomo. Il Deuteronomio spiega: « Poiché non vedeste alcuna figura, quando il Signore vi parlò sull’Oreb dal fuoco, state bene in guardia per la vostra vita, perché non vi corrompiate e non vi facciate l’immagine scolpita di qualche idolo » (Dt 4,15-16). È il Dio assolutamente trascendente che si è rivelato a Israele. « Egli è tutto », ma, al tempo stesso, è « al di sopra di tutte le sue opere » (Sir 43,27-28). Egli è « lo stesso autore della bellezza » (Sap 13,3).
2130 Tuttavia, fin dall’Antico Testamento, Dio ha ordinato o permesso di fare immagini che simbolicamente conducessero alla salvezza operata dal Verbo incarnato: così il serpente di rame,83 l’arca dell’Alleanza e i cherubini.84
2131 Fondandosi sul mistero del Verbo incarnato, il settimo Concilio ecumenico, a Nicea (nel 787), ha giustificato, contro gli iconoclasti, il culto delle icone: quelle di Cristo, ma anche quelle della Madre di Dio, degli angeli e di tutti i santi. Incarnandosi, il Figlio di Dio ha inaugurato una nuova « economia » delle immagini.
2132 Il culto cristiano delle immagini non è contrario al primo comandamento che proscrive gli idoli. In effetti, « l’onore reso ad un’immagine appartiene a chi vi è rappresentato »,85 e « chi venera l’immagine, venera la realtà di chi in essa è riprodotto ».86 L’onore tributato alle sacre immagini è una « venerazione rispettosa », non un’adorazione che conviene solo a Dio:
« Gli atti di culto non sono rivolti alle immagini considerate in se stesse, ma in quanto servono a raffigurare il Dio incarnato. Ora, il moto che si volge all’immagine in quanto immagine, non si ferma su di essa, ma tende alla realtà che essa rappresenta ».87
In sintesi
2133 « Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze » (Dt 6,5).
2134 Il primo comandamento chiama l’uomo a credere in Dio, a sperare in lui, ad amarlo al di sopra di tutto.
2135 « Adora il Signore Dio tuo » (Mt 4,10). Adorare Dio, pregarlo, rendergli il culto che a lui è dovuto, mantenere le promesse e i voti che a lui si sono fatti, sono atti della virtù della religione, che esprimono l’obbedienza al primo comandamento.
2136 Il dovere di rendere a Dio un culto autentico riguarda l’uomo individualmente e socialmente.
2137 L’uomo deve poter professare liberamente la religione sia in forma privata che pubblica.88
2138 La superstizione è una deviazione del culto che rendiamo al vero Dio. Ha la sua massima espressione nell’idolatria, come nelle varie forme di divinazione e di magia.
2139 L’azione di tentare Dio con parole o atti, il sacrilegio, la simonia sono peccati di irreligione proibiti dal primo comandamento.
2140 L’ateismo, in quanto respinge o rifiuta l’esistenza di Dio, è un peccato contro il primo comandamento.
2141 Il culto delle sacre immagini è fondato sul mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio. Esso non è in opposizione al primo comandamento.
(24) Cf Dt 5,6-9.
(25) Cf Es 19,16-25; 24,15-18.
(26) San Giustino, Dialogus cum Tryphone Iudaeo, 11, 1: CA 2, 40 (PG 6, 497).
(27) Catechismo Romano, 3, 2, 4: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 408-409.
(28) Cf Rm 1,5; 16,26.
(29) Cf Rm 1,18-32.
(30) CIC canone 751.
(31) Cf Dt 6,4-5.
(32) Cf Lc 1,46-49.
(33) Sant’Agostino, De civitate Dei, 10, 6: CSEL 401, 454-455 (PL 41, 283).
(34) Cf Am 5,21-25.
(35) Cf Is 1,10-20.
(36) Cf Os 6,6.
(37) Cf Eb 9,13-14.
(38) CIC canone 1191, § 1.
(39) Cf At 18,18; 21,23-24.
(40) Cf CIC canone 654.
(41) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 42: AAS 57 (1965) 48-49.
(42) Cf CIC canoni 692. 1196-1197.
(43) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 1: AAS 58 (1966) 930.
(44) Cf Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 2: AAS 58 (1966) 931.
(45) Concilio Vaticano II, Dich. Nostra aetate, 2: AAS 58 (1966) 741.
(46) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 14: AAS 58 (1966) 940.
(47) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 1: AAS 58 (1966) 930.
(48) Concilio Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem, 13: AAS 58 (1966) 849.
(49) Cf Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 1: AAS 58 (1966) 930.
(50) Cf Concilio Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem, 13: AAS 58 (1966) 850.
(51) Cf Leone XIII, Lett. enc. Immortale Dei: Leonis XIII Acta, 5, 118-150; Pio XI, Lett enc. Quas primas: AAS 17 (1925) 593-610.
(52) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 2: AAS 58 (1966) 930; cf Id., Cost. past. Gaudium et spes, 26: AAS 58 (1966) 1046.
(53) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 2: AAS 58 (1966) 931.
(54) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 6: AAS 58 (1966) 934.
(55) Cf Leone XIII, Lett. enc. Libertas praestantissimum: Leonis XIII Acta, 8, 229-230.
(56) Cf Pio XII, Discorso ai partecipanti al quinto Convegno nazionale Italiano dell’Unione dei Giuristi cattolici (6 dicembre 1953): AAS 45 (1953) 799.
(57) Cf Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 2: AAS 58 (1966) 930-931.
(58) Cf Pio VI, Breve Quod aliquantum (10 marzo 1791): Collectio Brevium atque Instructionum SS. D. N. Pii Papae VI, quae ad praesentes Ecclesiae Catholicae in Gallia […] calamitates pertinent (Roma 1800) p. 54-55.
(59) Cf Pio IX, Lett. enc. Quanta cura: DS 2890.
(60) Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 7: AAS 58 (1966) 935.
(61) Cf Mt 23,16-22.
(62) Cf Is 44,9-20; Ger 10,1-16; Dn 14,1-30; Bar 6; Sap 13,1–15,19.
(63) Cf Sal 42,3; ecc.
(64) Cf Ap 13-14.
(65) Cf Gal 5,20; Ef 5,5.
(66)Origene, Contra Celsum, 2, 40: SC 132, 378 (PG 11, 861).
(67) Cf Dt 18,10; Ger 29,8.
(68) Cf Lc 4,9.
(69) Cf 1 Cor 10,9; Es 17,2-7; Sal 95,9.
(70) Cf CIC canoni 1367. 1376.
(71) Cf At 8,9-24.
(72) Cf già Is 55,1.
(73)CIC canone 848.
(74) Cf Lc 10,7; 1 Cor 9,4-18; 1 Tm 5,17-18.
(75)Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 19: AAS 58 (1966) 1039.
(76)Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 20: AAS 58 (1966) 1040.
(77)Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 20: AAS 58 (1966) 1040.
(78) Cf Rm 1,18.
(79)Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 19: AAS 58 (1966) 1039.
(80) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 20: AAS 58 (1966) 1040.
(81)Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 21: AAS 58 (1966) 1040.
(82)Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 21: AAS 58 (1966) 1042.
(83) Cf Nm 21,4-9; Sap 16,5-14; Gv 3,14-15.
(84) Cf Es 25,10-22; 1 Re 6,23-28; 7,23-26.
(85)San Basilio Magno, Liber de Spiritu Sancto, 18, 45: SC 17bis, 406 (PG 32, 149).
(86)Concilio di Nicea II, Definitio de sacris imaginibus: DS 601; cf Concilio di Trento, Sess. 25a, Decretum de invocatione, veneratione et reliquiis sanctorum, et sacris imaginibus: DS 1821-1825; Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 125: AAS 56 (1964) 132; Id., Cost. dogm. Lumen gentium, 67: AAS 57 (1965) 65-66.
(87)San Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 81, a. 3, ad 3: Ed. Leon. 9, 180.
(88) Cf Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 15: AAS 58 (1966) 940.