ARTICOLO 1
CELEBRARE LA LITURGIA DELLA CHIESA
I. Chi celebra?
1136 La liturgia è « azione » di « Cristo tutto intero » (« totius Christi »). Coloro che qui la celebrano, al di là dei segni, sono già nella liturgia celeste, dove la celebrazione è totalmente comunione e festa.
I celebranti della liturgia celeste
1137 L’Apocalisse di san Giovanni, letta nella liturgia della Chiesa, ci rivela prima di tutto un trono nel cielo, e sul trono Uno seduto:64 « il Signore » (Is 6,1).65 Poi l’Agnello, « ritto […] come immolato » (Ap 5,6):66 il Cristo crocifisso e risorto, l’unico Sommo Sacerdote del vero santuario,67 lo stesso « che offre e che viene offerto, che dona ed è donato ».68 Infine, il « fiume di acqua viva » che scaturisce « dal trono di Dio e dell’Agnello » (Ap 22,1), uno dei simboli più belli dello Spirito Santo.69
1138 « Ricapitolati » in Cristo, partecipano al servizio della lode di Dio e al compimento del suo disegno: le Potenze celesti,70 tutta la creazione (i quattro esseri viventi), i servitori dell’Antica e della Nuova Alleanza (i ventiquattro vegliardi), il nuovo popolo di Dio (i centoquarantaquattromila),71 in particolare i martiri « immolati a causa della Parola di Dio » (Ap 6,9), e la santissima Madre di Dio (Donna;72 Sposa dell’Agnello73), infine, « una moltitudine immensa, che nessuno » può contare, « di ogni nazione, razza, popolo e lingua » (Ap 7,9).
1139 È a questa liturgia eterna che lo Spirito e la Chiesa ci fanno partecipare, quando celebriamo nei sacramenti il mistero della salvezza.
I celebranti della liturgia sacramentale
1140 È tutta la comunità, il corpo di Cristo unito al suo Capo, che celebra. « Le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è “sacramento di unità”, cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei Vescovi. Perciò [tali azioni] appartengono all’intero corpo della Chiesa, lo manifestano e lo implicano; i singoli membri poi vi sono interessati in diverso modo, secondo la diversità degli stati, degli uffici e dell’attuale partecipazione ».74 Per questo « ogni volta che i riti comportano, secondo la particolare natura di ciascuno, una celebrazione comunitaria con la presenza e la partecipazione attiva dei fedeli, si inculchi che questa è da preferirsi, per quanto è possibile, alla celebrazione individuale e quasi privata degli stessi ».75
1141 L’assemblea che celebra è la comunità dei battezzati i quali, « per la rigenerazione e l’unzione dello Spirito Santo, vengono consacrati a formare una dimora spirituale e un sacerdozio santo, e poter così offrire in sacrificio spirituale tutte le attività umane del cristiano ».76 Il « sacerdozio comune » è quello di Cristo, unico Sacerdote, partecipato da tutte le sue membra:77
« La Madre Chiesa desidera ardentemente che tutti i fedeli vengano guidati a quella piena, consapevole e attiva partecipazione delle celebrazioni liturgiche, che è richiesta dalla natura stessa della liturgia e alla quale il popolo cristiano, “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato” (1 Pt 2,9),78 ha diritto e dovere in forza del Battesimo ».79
1142 Ma « le membra non hanno tutte la stessa funzione » (Rm 12,4). Alcuni sono chiamati da Dio, nella Chiesa e dalla Chiesa, ad un servizio speciale della comunità. Questi servitori sono scelti e consacrati mediante il sacramento dell’Ordine, con il quale lo Spirito Santo li rende idonei ad operare nella persona di Cristo-Capo per il servizio di tutte le membra della Chiesa.80 Il ministro ordinato è come « l’icona » di Cristo Sacerdote. Poiché il sacramento della Chiesa si manifesta pienamente nell’Eucaristia, è soprattutto nel presiedere l’Eucaristia che si manifesta il ministero del Vescovo e, in comunione con lui, quello dei presbiteri e dei diaconi.
1143 Al fine di servire le funzioni del sacerdozio comune dei fedeli, vi sono inoltre altri ministeri particolari, non consacrati dal sacramento dell’Ordine, la cui funzione è determinata dai Vescovi secondo le tradizioni liturgiche e le necessità pastorali. « Anche i ministranti, i lettori, i commentatori, e tutti i membri del coro svolgono un vero ministero liturgico ».81
1144 In questo modo, nella celebrazione dei sacramenti, tutta l’assemblea è « il liturgo », ciascuno secondo la propria funzione, ma nell’« unità dello Spirito » che agisce in tutti. « Nelle celebrazioni liturgiche ciascuno, ministro o fedele, svolgendo il proprio ufficio, compia solo e tutto ciò che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza ».82
II. Come celebrare?
Segni e simboli
1145 Una celebrazione sacramentale è intessuta di segni e di simboli. Secondo la pedagogia divina della salvezza, il loro significato si radica nell’opera della creazione e nella cultura umana, si precisa negli eventi materiali dell’Antica Alleanza e si rivela pienamente nella persona e nell’opera di Cristo.
1146 Segni del mondo degli uomini. Nella vita umana segni e simboli occupano un posto importante. In quanto essere corporale e spirituale insieme, l’uomo esprime e percepisce le realtà spirituali attraverso segni e simboli materiali. In quanto essere sociale, l’uomo ha bisogno di segni e di simboli per comunicare con gli altri per mezzo del linguaggio, di gesti, di azioni. La stessa cosa avviene nella sua relazione con Dio.
1147 Dio parla all’uomo attraverso la creazione visibile. L’universo materiale si presenta all’intelligenza dell’uomo perché vi legga le tracce del suo Creatore.83 La luce e la notte, il vento e il fuoco, l’acqua e la terra, l’albero e i frutti parlano di Dio, simboleggiano ad un tempo la sua grandezza e la sua vicinanza.
1148 In quanto creature, queste realtà sensibili possono diventare il luogo in cui si manifesta l’azione di Dio che santifica gli uomini, e l’azione degli uomini che rendono a Dio il loro culto. Ugualmente avviene per i segni e i simboli della vita sociale degli uomini: lavare e ungere, spezzare il pane e condividere il calice possono esprimere la presenza santificante di Dio e la gratitudine dell’uomo verso il suo Creatore.
1149 Le grandi religioni dell’umanità testimoniano, spesso in modo impressionante, tale senso cosmico e simbolico dei riti religiosi. La liturgia della Chiesa presuppone, integra e santifica elementi della creazione e della cultura umana conferendo loro la dignità di segni della grazia, della nuova creazione in Gesù Cristo.
1150 Segni dell’Alleanza. Il popolo eletto riceve da Dio segni e simboli distintivi che caratterizzano la sua vita liturgica: non sono più soltanto celebrazioni di cicli cosmici e di gesti sociali, ma segni dell’Alleanza, simboli delle grandi opere compiute da Dio per il suo popolo. Tra questi segni liturgici dell’Antica Alleanza si possono menzionare la circoncisione, l’unzione e la consacrazione dei re e dei sacerdoti, l’imposizione delle mani, i sacrifici, e soprattutto la pasqua. In questi segni la Chiesa riconosce una prefigurazione dei sacramenti della Nuova Alleanza.
1151 Segni assunti da Cristo. Nella sua predicazione il Signore Gesù si serve spesso dei segni della creazione per far conoscere i misteri del regno di Dio.84 Compie guarigioni o dà rilievo alla sua predicazione con segni o gesti simbolici.85 Conferisce un nuovo significato ai fatti e ai segni dell’Antica Alleanza, specialmente all’esodo e alla pasqua,86 poiché egli stesso è il significato di tutti questi segni.
1152 Segni sacramentali. Dopo la pentecoste, è mediante i segni sacramentali della sua Chiesa che lo Spirito Santo opera la santificazione. I sacramenti della Chiesa non aboliscono, ma purificano e integrano tutta la ricchezza dei segni e dei simboli del cosmo e della vita sociale. Inoltre essi danno compimento ai tipi e alle figure dell’Antica Alleanza, significano e attuano la salvezza operata da Cristo, prefigurano e anticipano la gloria del cielo.
Parole e azioni
1153 Ogni celebrazione sacramentale è un incontro dei figli di Dio con il loro Padre, in Cristo e nello Spirito Santo, e tale incontro si esprime come un dialogo, attraverso azioni e parole. Anche se le azioni simboliche già per se stesse sono un linguaggio, è tuttavia necessario che la Parola di Dio e la risposta della fede accompagnino e vivifichino queste azioni, perché il seme del Regno porti il suo frutto nella terra buona. Le azioni liturgiche significano ciò che la Parola di Dio esprime: l’iniziativa gratuita di Dio e, nello stesso tempo, la risposta di fede del suo popolo.
1154 La liturgia della Parola è parte integrante delle celebrazioni sacramentali. Per nutrire la fede dei credenti, devono essere valorizzati i segni della Parola di Dio: il libro della Parola (lezionario o evangeliario), la venerazione di cui è fatta oggetto (processione, incenso, candele), il luogo da cui viene annunziata (ambone), la sua proclamazione udibile e comprensibile, l’omelia del ministro che ne prolunga la proclamazione, le risposte dell’assemblea (acclamazioni, salmi di meditazione, litanie, professione di fede).
1155 Inseparabili in quanto segni e insegnamento, le parole e le azioni liturgiche lo sono anche in quanto realizzano ciò che significano. Lo Spirito Santo non si limita a dare l’intelligenza della Parola di Dio suscitando la fede; attraverso i sacramenti egli realizza anche le « meraviglie » di Dio annunziate dalla Parola; rende presente e comunica l’opera del Padre compiuta dal Figlio diletto.
Canto e musica
1156 « La tradizione musicale di tutta la Chiesa costituisce un tesoro di inestimabile valore, che eccelle tra le altre espressioni dell’arte, specialmente per il fatto che il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrale della liturgia solenne ».87 La composizione e il canto dei salmi ispirati, frequentemente accompagnati da strumenti musicali, sono già strettamente legati alle celebrazioni liturgiche dell’Antica Alleanza. La Chiesa continua e sviluppa questa tradizione: « Intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore » (Ef 5,19).88 Chi canta prega due volte.89
1157 Il canto e la musica svolgono la loro funzione di segni in una maniera tanto più significativa « quanto più sono strettamente uniti all’azione liturgica »,90 secondo tre criteri principali: la bellezza espressiva della preghiera, l’unanime partecipazione dell’assemblea nei momenti previsti e il carattere solenne della celebrazione. In questo modo essi partecipano alla finalità delle parole e delle azioni liturgiche: la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli:91
« Quante lacrime versate ascoltando gli accenti dei tuoi inni e cantici, che risuonavano dolcemente nella tua Chiesa! Una commozione violenta: quegli accenti fluivano nelle mie orecchie e distillavano nel mio cuore la verità, eccitandovi un caldo sentimento di pietà. Le lacrime che scorrevano mi facevano bene ».92
1158 L’armonia dei segni (canto, musica, parole e azioni) è qui tanto più significativa e feconda quanto più si esprime nella ricchezza culturale propria del popolo di Dio che celebra.93 Per questo « si promuova con impegno il canto popolare religioso, in modo che nei pii e sacri esercizi, e nelle stesse azioni liturgiche », secondo le norme della Chiesa, « possano risonare le voci dei fedeli ».94 Tuttavia, « i testi destinati al canto sacro siano conformi alla dottrina cattolica, anzi siano presi di preferenza dalla Sacra Scrittura e dalle fonti liturgiche ».95
Le sacre immagini
1159 La sacra immagine, l’icona liturgica, rappresenta soprattutto Cristo. Essa non può rappresentare il Dio invisibile e incomprensibile; è stata l’incarnazione del Figlio di Dio ad inaugurare una nuova « economia » delle immagini:
« Un tempo Dio, non avendo né corpo, né figura, non poteva in alcun modo essere rappresentato da una immagine. Ma ora che si è fatto vedere nella carne e che ha vissuto con gli uomini, posso fare una immagine di ciò che ho visto di Dio. […] A viso scoperto, noi contempliamo la gloria del Signore ».96
1160 L’iconografia cristiana trascrive attraverso l’immagine il messaggio evangelico che la Sacra Scrittura trasmette attraverso la parola. Immagine e parola si illuminano a vicenda:
« In poche parole, noi intendiamo custodire gelosamente intatte tutte le tradizioni della Chiesa, sia scritte che orali. Una di queste riguarda la raffigurazione del modello mediante una immagine, in quanto si accordi con la lettera del messaggio evangelico, in quanto serva a confermare la vera e non fantomatica incarnazione del Verbo di Dio e procuri a noi analogo vantaggio, perché le cose rinviano l’una all’altra in ciò che raffigurano come in ciò che senza ambiguità esse significano ».97
1161 Tutti i segni della celebrazione liturgica sono riferiti a Cristo: lo sono anche le sacre immagini della santa Madre di Dio e dei santi, poiché significano Cristo che in loro è glorificato. Esse manifestano « il gran numero di testimoni » (Eb 12,1) che continuano a partecipare alla salvezza del mondo e ai quali noi siamo uniti, soprattutto nella celebrazione sacramentale. Attraverso le loro icone, si rivela alla nostra fede l’uomo creato « a immagine di Dio », e trasfigurato « a sua somiglianza »,98 come pure gli angeli, anch’essi ricapitolati in Cristo:
« Procedendo sulla via regia, seguendo la dottrina divinamente ispirata dei nostri santi Padri e la Tradizione della Chiesa cattolica – riconosciamo, infatti, che lo Spirito Santo abita in essa – noi definiamo con ogni rigore e cura che, a somiglianza della raffigurazione della croce preziosa e vivificante, così le venerande e sante immagini, sia dipinte che in mosaico o in qualsiasi altro materiale adatto, debbono essere esposte nelle sante chiese di Dio, sulle sacre suppellettili, sui sacri paramenti, sulle pareti e sulle tavole, nelle case e nelle vie; siano esse l’immagine del Signore Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo, o quella dell’immacolata Signora nostra, la santa Madre di Dio, dei santi angeli, di tutti i santi e giusti ».99
1162 « La bellezza e il colore delle immagini sono uno stimolo per la mia preghiera. È una festa per i miei occhi, così come lo spettacolo della campagna apre il mio cuore a rendere gloria a Dio ». 100 La contemplazione delle sante icone, unita alla meditazione della Parola di Dio e al canto degli inni liturgici, entra nell’armonia dei segni della celebrazione in modo che il mistero celebrato si imprima nella memoria del cuore e si esprima poi nella novità di vita dei fedeli.
III. Quando celebrare?
Il tempo liturgico
1163 « La santa Madre Chiesa considera suo dovere celebrare con sacra memoria, in determinati giorni nel corso dell’anno, l’opera salvifica del suo Sposo divino. Ogni settimana, nel giorno a cui ha dato il nome di domenica, fa memoria della risurrezione del Signore, che una volta all’anno, unitamente alla sua beata passione, celebra a Pasqua, la più grande delle solennità. Nel ciclo annuale poi presenta tutto il mistero di Cristo […]. Ricordando in tal modo i misteri della redenzione, essa apre ai fedeli le ricchezze delle azioni salvifiche e dei meriti del suo Signore, così che siano resi in qualche modo presenti in ogni tempo, perché i fedeli possano venirne a contatto ed essere ripieni della grazia della salvezza ». 101
1164 Fin dalla Legge mosaica il popolo di Dio ha conosciuto feste in data fissa, a partire dalla Pasqua, per commemorare le stupende azioni del Dio Salvatore, rendergliene grazie, perpetuarne il ricordo e insegnare alle nuove generazioni a conformare ad esse la loro condotta di vita. Nel tempo della Chiesa, posto tra la pasqua di Cristo, già compiuta una volta per tutte, e la sua consumazione nel regno di Dio, la liturgia celebrata in giorni fissi è totalmente impregnata della novità del mistero di Cristo.
1165 Quando la Chiesa celebra il mistero di Cristo, una parola scandisce la sua preghiera: « Oggi! », come eco della preghiera che le ha insegnato il suo Signore 102 e dell’invito dello Spirito Santo. 103 Questo « oggi » del Dio vivente in cui l’uomo è chiamato ad entrare è l’« Ora » della pasqua di Gesù, che attraversa tutta la storia e ne è il cardine:
« La vita si è posata su tutti gli esseri e tutti sono investiti da una grande luce; l’Oriente degli orienti ha invaso l’universo, e colui che era prima della stella del mattino e prima degli astri, immortale e immenso, il grande Cristo, brilla su tutti gli esseri più del sole. Perciò, per noi che crediamo in lui, sorge un giorno di luce, lungo, eterno, che non si spegnerà più: la Pasqua mistica ». 104
Il giorno del Signore
1166 « Secondo la Tradizione apostolica, che trae origine dal giorno stesso della risurrezione di Cristo, la Chiesa celebra il mistero pasquale ogni otto giorni, in quello che si chiama giustamente giorno del Signore o domenica ». 105 Il giorno della risurrezione di Cristo è ad un tempo il « primo giorno della settimana », memoriale del primo giorno della creazione, e l’« ottavo giorno » in cui Cristo, dopo il suo « riposo » del grande Sabato, inaugura il giorno « che il Signore ha fatto » (Sal 118,24), il « giorno che non conosce tramonto ». 106 La « Cena del Signore » ne costituisce il centro, poiché in essa l’intera comunità dei fedeli incontra il Signore risorto che la invita al suo banchetto: 107
« Il giorno del Signore, il giorno della risurrezione, il giorno dei cristiani, è il nostro giorno. È chiamato giorno del Signore proprio per questo: perché in esso il Signore è salito vittorioso presso il Padre. I pagani lo chiamano giorno del sole: ebbene, anche noi lo chiamiamo volentieri in questo modo: oggi infatti è sorta la luce del mondo, oggi è apparso il sole di giustizia i cui raggi ci portano la salvezza ». 108
1167 La domenica è per eccellenza il giorno dell’assemblea liturgica, giorno in cui i fedeli si riuniscono « perché, ascoltando la Parola di Dio e partecipando all’Eucaristia, facciano memoria della passione, della risurrezione e della gloria del Signore Gesù, e rendano grazie a Dio che li ha rigenerati per una speranza viva per mezzo della risurrezione di Gesù Cristo dai morti »: 109
« O Cristo, quando contempliamo le meraviglie compiute in questo giorno della domenica della tua santa risurrezione, noi diciamo: Benedetto il giorno di domenica, perché in esso ha avuto inizio la creazione, […] la salvezza del mondo, […] il rinnovamento del genere umano […]. In esso il cielo e la terra si sono rallegrati e l’universo intero si è riempito di luce. Benedetto il giorno di domenica, perché in esso furono aperte le porte del paradiso in modo che Adamo e tutti coloro che ne furono allontanati vi possano entrare senza timore ». 110
L’anno liturgico
1168 A partire dal Triduo pasquale, come dalla sua fonte di luce, il tempo nuovo della risurrezione permea tutto l’anno liturgico del suo splendore. Progressivamente, da un versante e dall’altro di questa fonte, l’anno è trasfigurato dalla liturgia. Esso costituisce realmente l’anno di grazia del Signore. 111 L’Economia della salvezza è all’opera nello svolgersi del tempo, ma dopo il suo compimento nella pasqua di Gesù e nell’effusione dello Spirito Santo, la conclusione della storia è anticipata, « pregustata », e il regno di Dio entra nel nostro tempo.
1169 Per questo la Pasqua non è semplicemente una festa tra le altre: è la « festa delle feste », la « solennità delle solennità », come l’Eucaristia è il sacramento dei sacramenti (il grande sacramento). Sant’Atanasio la chiama « la grande domenica », 112 come la Settimana santa in Oriente è chiamata « la grande Settimana ». Il mistero della risurrezione, nel quale Cristo ha annientato la morte, permea della sua potente energia il nostro vecchio tempo, fino a quando tutto gli sia sottomesso.
1170 Nel Concilio di Nicea (anno 325) tutte le Chiese si sono accordate perché la Pasqua cristiana sia celebrata la domenica che segue il plenilunio (14 Nisan) dopo l’equinozio di primavera. A causa dei diversi metodi utilizzati per calcolare il giorno 14 del mese di Nisan, il giorno di Pasqua non sempre ricorre contemporaneamente nelle Chiese occidentali e orientali. Perciò esse cercano oggi un accordo per ritornare a celebrare alla stessa data il giorno della risurrezione del Signore.
1171 L’anno liturgico è il dispiegarsi dei diversi aspetti dell’unico mistero pasquale. Questo è vero soprattutto per il ciclo delle feste relative al mistero dell’incarnazione (Annunciazione, Natale, Epifania) le quali fanno memoria degli inizi della nostra salvezza e ci comunicano le primizie del mistero di Pasqua.
Il Santorale nell’anno liturgico
1172 « Nella celebrazione di questo ciclo annuale dei misteri di Cristo, la santa Chiesa venera con speciale amore la beata Maria Madre di Dio, congiunta indissolubilmente con l’opera salvifica del Figlio suo; in Maria ammira ed esalta il frutto più eccelso della redenzione, e contempla con gioia, come in una immagine purissima, ciò che essa tutta desidera e spera di essere ». 113
1173 Quando, nel ciclo annuale, la Chiesa fa memoria dei martiri e degli altri santi, essa « proclama il mistero pasquale » in coloro « che hanno sofferto con Cristo e con lui sono glorificati; propone ai fedeli i loro esempi, che attraggono tutti al Padre per mezzo di Cristo, e implora per i loro meriti i benefici di Dio ». 114
La liturgia delle Ore
1174 Il mistero di Cristo, la sua incarnazione e la sua pasqua, che celebriamo nell’Eucaristia, soprattutto nell’assemblea domenicale, penetra e trasfigura il tempo di ogni giorno attraverso la celebrazione della liturgia delle Ore, « l’Ufficio divino ». 115 Fedeli alle esortazioni apostoliche di « pregare incessantemente », 116 questa celebrazione « è costituita in modo da santificare tutto il corso del giorno e della notte per mezzo della lode di Dio ». 117 Essa costituisce la « preghiera pubblica della Chiesa » 118 nella quale i fedeli (chierici, religiosi e laici) esercitano il sacerdozio regale dei battezzati. Celebrata « nella forma approvata » dalla Chiesa, la liturgia delle Ore « è veramente la voce della Sposa stessa che parla allo Sposo, anzi è la preghiera di Cristo, con il suo corpo, al Padre ». 119
1175 La liturgia delle Ore è destinata a essere la preghiera di tutto il popolo di Dio. In essa Cristo stesso « continua » ad esercitare il suo « ufficio sacerdotale per mezzo della sua stessa Chiesa »; 120 ciascuno vi prende parte secondo il ruolo che riveste nella Chiesa e le circostanze della propria vita: i sacerdoti in quanto impegnati nel sacro ministero pastorale, poiché sono chiamati a rimanere assidui nella preghiera e nel ministero della parola; 121 i religiosi e le religiose in forza del carisma della loro vita di consacrazione; 122 tutti i fedeli secondo le loro possibilità. « I Pastori d’anime procurino che le Ore principali, specialmente i Vespri, siano celebrate in chiesa con partecipazione comune, nelle domeniche e feste più solenni. Si raccomanda che pure i laici recitino l’Ufficio divino o con i sacerdoti, o riuniti tra loro, o anche da soli ». 123
1176 Celebrare la liturgia delle Ore richiede non soltanto di far concordare la voce con il cuore che prega, ma anche di procurarsi « una più ricca istruzione liturgica e biblica, specialmente riguardo ai salmi ». 124
1177 Gli inni e le preghiere litaniche della liturgia delle Ore inseriscono la preghiera dei salmi nel tempo della Chiesa, dando espressione al simbolismo dell’ora della giornata, del tempo liturgico o della festa celebrata. Inoltre la lettura della Parola di Dio ad ogni Ora (con i responsori o i tropari che seguono ad essa), e, in certe Ore, le letture dei Padri e dei maestri spirituali, rivelano in modo più profondo il senso del mistero celebrato, sono di aiuto alla comprensione dei salmi e preparano alla preghiera silenziosa. La lectio divina, nella quale la Parola di Dio è letta e meditata per trasformarsi in preghiera, è così radicata nella celebrazione liturgica.
1178 La liturgia delle Ore, che costituisce quasi un prolungamento della celebrazione eucaristica, non esclude ma richiede come complementari le varie devozioni del popolo di Dio, in modo particolare l’adorazione e il culto del Santissimo Sacramento.
IV. Dove celebrare?
1179 Il culto « in spirito e verità » (Gv 4,24) della Nuova Alleanza non è legato ad un luogo esclusivo. Tutta la terra è santa e affidata ai figli degli uomini. Quando i fedeli si riuniscono in uno stesso luogo, la realtà più importante è costituita dalle « pietre vive », messe insieme « per la costruzione di un edificio spirituale » (1 Pt 2,5). Il corpo di Cristo risorto è il tempio spirituale da cui sgorga la sorgente d’acqua viva. Incorporati a Cristo dallo Spirito Santo, « noi siamo il tempio del Dio vivente » (2 Cor 6,16).
1180 Quando non viene ostacolato l’esercizio della libertà religiosa, 125 i cristiani costruiscono edifici destinati al culto divino. Tali chiese visibili non sono semplici luoghi di riunione, ma significano e manifestano la Chiesa che vive in quel luogo, dimora di Dio con gli uomini riconciliati e uniti in Cristo.
1181 « La casa di preghiera in cui l’Eucaristia è celebrata e conservata; in cui i fedeli si riuniscono; in cui la presenza del Figlio di Dio nostro Salvatore, che si è offerto per noi sull’altare del sacrificio, viene venerata a sostegno e consolazione dei fedeli, dev’essere nitida e adatta alla preghiera e alle sacre funzioni ». 126 In questa « casa di Dio », la verità e l’armonia dei segni che la costituiscono devono manifestare Cristo che in quel luogo è presente e agisce: 127
1182 L’altare della Nuova Alleanza è la croce del Signore 128 dalla quale scaturiscono i sacramenti del mistero pasquale. Sull’altare, che è il centro della chiesa, viene reso presente il sacrificio della croce sotto i segni sacramentali. Esso è anche la Mensa del Signore, alla quale è invitato il popolo di Dio. 129 In alcune liturgie orientali, l’altare è anche il simbolo della tomba (Cristo è veramente morto e veramente risorto).
1183 Il tabernacolo, nelle chiese, deve essere situato « in luogo distintissimo, col massimo onore ». 130 La nobiltà, la disposizione e la sicurezza del tabernacolo eucaristico 131 devono favorire l’adorazione del Signore realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’altare.
Il sacro crisma (myron), la cui unzione è il segno sacramentale del sigillo del dono dello Spirito Santo, è tradizionalmente conservato e venerato in un luogo sicuro della chiesa. Vi si può collocare anche l’olio dei catecumeni e quello degli infermi.
1184 La sede del Vescovo (cattedra) o del presbitero « deve mostrare il compito che egli ha di presiedere l’assemblea e di guidare la preghiera ». 132
L’ambone: « L’importanza della Parola di Dio esige che vi sia nella chiesa un luogo adatto dal quale essa venga annunciata e verso il quale, durante la liturgia della Parola, spontaneamente si rivolga l’attenzione dei fedeli ». 133
1185 Il radunarsi del popolo di Dio ha inizio con il Battesimo; la chiesa deve quindi avere un luogo per la celebrazione del Battesimo (battistero) e favorire il ricordo delle promesse battesimali (acqua benedetta).
Il rinnovamento della vita battesimale esige la penitenza. La chiesa deve perciò prestarsi all’espressione del pentimento e all’accoglienza del perdono, e questo comporta un luogo adatto per accogliere i penitenti.
La chiesa deve anche essere uno spazio che invita al raccoglimento e alla preghiera silenziosa, la quale prolunga e interiorizza la grande preghiera dell’Eucaristia.
1186 Infine, la chiesa ha un significato escatologico. Per entrare nella casa di Dio bisogna varcare una soglia, simbolo del passaggio dal mondo ferito dal peccato al mondo della vita nuova al quale tutti gli uomini sono chiamati. La chiesa visibile è simbolo della casa paterna verso la quale il popolo di Dio è in cammino e dove il Padre « tergerà ogni lacrima dai loro occhi » (Ap 21,4). Per questo la chiesa è anche la casa di tutti i figli di Dio, aperta e accogliente.
In sintesi
1187 La liturgia è opera del Cristo totale, Capo e corpo. Il nostro Sommo Sacerdote la celebra ininterrottamente nella liturgia celeste, con la santa Madre di Dio, gli Apostoli, tutti i santi e la moltitudine degli uomini già entrati nel Regno.
1188 Nella celebrazione liturgica tutta l’assemblea è « liturga », ciascuno secondo la propria funzione. Il sacerdozio battesimale è quello di tutto il corpo di Cristo. Tuttavia alcuni fedeli sono ordinati mediante il sacramento dell’Ordine per rappresentare Cristo come Capo del corpo.
1189 La celebrazione liturgica comporta segni e simboli relativi alla creazione (luce, acqua, fuoco), alla vita umana (lavare, ungere, spezzare il pane) e alla storia della salvezza (i riti della Pasqua). Inseriti nel mondo della fede e assunti dalla forza dello Spirito Santo, questi elementi cosmici, questi riti umani, queste gesta memoriali di Dio diventano portatori dell’azione di salvezza e di santificazione compiuta da Cristo.
1190 La liturgia della Parola è parte integrante della celebrazione. Il significato della celebrazione viene espresso dalla Parola di Dio che è annunziata e dall’impegno della fede che ad essa risponde.
1191 Il canto e la musica sono strettamente connessi con l’azione liturgica. I criteri della loro valida utilizzazione sono: la bellezza espressiva della preghiera, la partecipazione unanime dell’assemblea e il carattere sacro della celebrazione.
1192 Le sacre immagini, presenti nelle nostre chiese e nelle nostre case, hanno la funzione di risvegliare e nutrire la nostra fede nel mistero di Cristo. Attraverso l’icona di Cristo e delle sue opere di salvezza, è lui che noi adoriamo. Attraverso le sacre immagini della santa Madre di Dio, degli angeli e dei santi, veneriamo le persone che in esse sono rappresentate.
1193 La domenica, « giorno del Signore », è il giorno principale della celebrazione dell’Eucaristia, poiché è il giorno della risurrezione. È il giorno per eccellenza dell’assemblea liturgica, il giorno della famiglia cristiana, il giorno della gioia e del riposo dal lavoro. È « il fondamento e il nucleo di tutto l’anno liturgico ». 134
1194 La Chiesa « nel ciclo annuale presenta tutto il mistero di Cristo, dall’incarnazione e natività fino all’ascensione, al giorno di pentecoste e all’attesa della beata speranza e del ritorno del Signore ». 135
1195 Facendo memoria dei santi, in primo luogo della santa Madre di Dio, poi degli Apostoli, dei martiri e degli altri santi, in giorni fissi dell’anno liturgico, la Chiesa sulla terra manifesta di essere unita alla liturgia celeste; rende gloria a Cristo perché ha compiuto la salvezza nei suoi membri glorificati; il loro esempio le è di stimolo nel cammino verso il Padre.
1196 I fedeli che celebrano la liturgia delle Ore si uniscono a Cristo, nostro Sommo Sacerdote, mediante la preghiera dei salmi, la meditazione della Parola di Dio, la preghiera dei cantici e delle benedizioni, per essere associati alla sua preghiera incessante e universale che glorifica il Padre e implora il dono dello Spirito Santo sul mondo intero.
1197 Cristo è il vero tempio di Dio, « il luogo in cui abita la sua gloria »; per mezzo della grazia di Dio anche i cristiani diventano templi dello Spirito Santo, le pietre vive con le quali viene edificata la Chiesa.
1198 Nella sua condizione terrena, la Chiesa ha bisogno di luoghi in cui la comunità possa radunarsi: le nostre chiese visibili, luoghi santi, immagini della Città santa, la celeste Gerusalemme verso la quale siamo in cammino come pellegrini.
1199 In queste chiese la Chiesa celebra il culto pubblico a gloria della Santissima Trinità, ascolta la Parola di Dio e canta le sue lodi, eleva la sua preghiera, offre il sacrificio di Cristo, sacramentalmente presente in mezzo all’assemblea. Queste chiese sono inoltre luoghi di raccoglimento e di preghiera personale.
(64) Cf Ap 4,2.
(65) Cf Ez 1,26-28.
(66) Cf Gv 1,29.
(67) Cf Eb 4,14-15; 10,19-21; ecc.
(68) Liturgia bizantina. Anafora di san Giovanni Crisostomo: F.E. Brightman, Liturgies Eastern and Western (Oxford 1896) p. 378 (PG 63, 913).
(69) Cf Gv 4,10-14; Ap 21,6.
(70) Cf Ap 4-5; Is 6,2-3.
(71) Cf Ap 7,1-8; 14,1.
(72) Cf Ap 12.
(73) Cf Ap 21,9.
(74) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 26: AAS 56 (1964) 107.
(75) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 27: AAS 56 (1964) 107.
(76) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 10: AAS 57 (1965) 14.
(77) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 10: AAS 57 (1965) 14; Ibid., 34: AAS 57 (1965) 40; Id., Decr. Presbyterorum ordinis, 2: AAS 58 (1966) 991-992.
(78) Cf 1 Pt 2,4-5.
(79) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 14: AAS 56 (1964) 104.
(80) Cf Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum ordinis, 2: AAS 58 (1966) 992; Ibid., 15: AAS 58 (1966) 1014.
(81) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 29: AAS 56 (1964) 107.
(82) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 28: AAS 56 (1964) 107.
(83) Cf Sap 13,1; Rm 1,19-20; At 14,17.
(84) Cf Lc 8,10.
(85) Cf Gv 9,6; Mc 7,33-35; 8,22-25.
(86) Cf Lc 9,31; 22,7-20.
(87) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 112: AAS 56 (1964) 128.
(88) Cf Col 3,16-17.
(89) Cf Sant’Agostino, Enarratio in Psalmum 72, 1: CCL 39, 986 (PL 36, 614).
(90) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 112: AAS 56 (1964) 128.
(91) Cf Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 112: AAS 56 (1964) 128.
(92) Sant’Agostino, Confessiones, 9, 6, 14: CCL 27, 141 (PL 32, 769-770).
(93) Cf Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 119: AAS 56 (1964) 129-130.
(94) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 118: AAS 56 (1964) 129.
(95) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 121: AAS 56 (1964) 130.
(96) San Giovanni Damasceno, De sacris imaginibus oratio, 1, 16: PTS 17, 89 e 92 (PG 94, 1245 e 1248).
(97) Concilio di Nicea II (anno 787), Terminus: COD p. 135.
(98) Cf Rm 8,29; 1 Gv 3,2.
(99) Concilio di Nicea II, Definitio de sacris imaginibus: DS 600.
(100) San Giovanni Damasceno, De sacris imaginibus oratio 1, 47: PTS 17, 151 (PG 94, 1268).
(101) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 102: AAS 56 (1964) 125.
(102) Cf Mt 6,11.
(103) Cf Eb 3,7–4,11; Sal 95,8.
(104) Pseudo-Ippolito Romano, In sanctum Pascha, 1, 1-2: Studia patristica mediolanensia 15, 230-232 (PG 59, 755).
(105) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 106: AAS 56 (1964) 126.
(106) Mattutino del giorno di Pasqua del rito bizantino, Oda 9, tropario: Πεντηχοστάριον
(Roma 1884) p. 11.
(107) Cf Gv 21,12; Lc 24,30.
(108) San Girolamo, In die Dominica Paschae homilia: CCL 78, 550 (PL 30, 218-219).
(109) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 106: AAS 56 (1964) 126.
(110) Fanqîth, Breviario secondo il rito della Chiesa Antiochena dei Siri, v. 6 (Mossul 1886) p. 193b.
(111) Cf Lc 4,19.
(112) Sant’Atanasio di Alessandria, Epistula festivalis, 1 (anno 329), 10: PG 26, 1366.
(113) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 103: AAS 56 (1964) 125.
(114) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 104: AAS 56 (1964) 126; cf Ibid., 108: AAS 56 (1964) 126 e Ibid., 111: AAS 56 (1964) 127.
(115) Cf Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, IV, 83-101: AAS 56 (1984) 121-125.
(116) Cf 1 Ts 5,15; Ef 6,18.
(117) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 84: AAS 56 (1964) 121.
(118) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 98: AAS 56 (1964) 124.
(119) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 84: AAS 56 (1964) 121.
(120) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 83: AAS 56 (1964) 121.
(121) Cf Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 86: AAS 56 (1964) 121; Ibid., 96: AAS 56 (1964) 123; Id., Decr. Presbyterorum ordinis, 5: AAS 58 (1966) 998.
(122) Cf Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 98: AAS 56 (1964) 124.
(123) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 100: AAS 56 (1964) 124.
(124) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 90: AAS 56 (1964) 122.
(125) Cf Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 4: AAS 58 (1966) 932-933.
(126) Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum ordinis, 5: AAS 58 (1966) 998; cf Id., Cost. Sacrosanctum Concilium, 122-127: AAS 56 (1964) 130-132.
(127) Cf Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 7: AAS 56 (1964) 100-101.
(128) Cf Eb 13,10.
(129) Cf Principi e norme per l’uso del Messale Romano, 259: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. XLI.
(130) Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei: AAS 57 (1965) 771.
(131) Cf Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 128: AAS 56 (1964) 132.
(132) Principi e norme per l’uso del Messale Romano, 271: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. XLII.
(133) Principi e norme per l’uso del Messale Romano, 272: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. XLII.
(134) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 106: AAS 56 (1964) 126.
(135) Concilio Vaticano II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 102: AAS 56 (1964) 125.